sabato 12 luglio 2014

Mad world...

12 Luglio 2014. 

Mi sembra ieri che ho finito la maturità, che dopo un'ora e mezza a parlare ininterrottamente con una commissione di professori ho varcato le soglie del mio brianzolo liceo chiedendo a me stesso... "Ma adesso cosa faccio?!?" 
Trovare un lavoretto, gratuitamente, per occupare il tempo di è rivelata la più vana delle opzioni visto che in meno di trenta giorni avrei lasciato Milano. 
Dopo un breve tempo di riflessione, la risposta mi è scivolata fra le mani, come fosse la più semplice... "Fai tutto ciò che non ti sei concesso durante quest'anno, esci e fai tardi, frequenta un nuovo ragazzo, disegna a più non posso, scrivi, leggi... Semplicemente, esprimi te stesso fino all'accesso, fino a sentire un'amore retrogusto in bocca, fino a sentire le membra stanche." 
Forse, sarebbe stato meglio evitare. 
Più scrivo, anzi, più leggo, più mi rendi conto di quanto questo mondo sia controverso, anacronistico, insensato, pazzo. 
Credo di aver già parlato in precedenza di Buonanno che ha proposto una legge che vieti i baci. Il piccolo genio della lega, il quale pretende di facciare per una mera legge il suo tanto antiquato quanto retrogrado parere, ha ben pensato di proporre una vera e propria multa di 500 euro nel paese di cui è sindaco. Io, presuntuoso quanto lui, sarei ben lieto di prendere tale multa a Borgosesia e pagarla offrendo al comune un mio paio di giacomorelli autografate o, se l'europarlamentare preferisce, un paio dei miei foulard McQueen. 
Mi è poi capitato, per una serie di sfortunati (o fortunati, dipende dal punto di vista), di leggere un pezzo scritto dal critico musicale de Il Corriere della Sera, Paolo Isotta su Il Foglio di Ferrara... Forse sono io ad aver interpretato male, quindi, prima di esprimermi, credo sia meglio riportate ciò che ho letto: 
«Io ho avuto per tutta la vita anche rapporti omosessuali, ma caratterizzati dal fatto che questo tipo di eros lo concepisco come lo sfogo degli istinti più violenti e profondi; e quindi come fondamentalmente carnale. Tanto ciò vero che questi rapporti, sin da quando ero adolescente, li avevo a pagamento, perché uno degli elementi d'eccitazione era il fatto di non conoscere il soggetto col quale m'incontravo e di non dover cercare di piacergli; anzi, l'idea di fare l'amore con qualcuno che ti odiasse: sai, le forme che l'eros assume sono davvero infinite, ma la mia non è isolata né minoritaria. Credo che ciò, che sta passando di moda, sia incompatibile collo stesso status, come dire antropologico, del gay il quale ricerca l'affetto e la condivisione dei sentimenti dal suo compagno, occasionale o, sempre più, ahimé, istituzionale. In quanto cattolico, se sono d'accordo con te a concedere ai gays il matrimonio civile, non posso accettare sia loro accordato un sacramento che Cristo ha previsto secondo forme immodificabili di fronte all'eternità.»
La mia prima impressione è stata di nausea, orrore e schifo di fronte a tali parole. 
Solo in un secondo momento, dopo un breve periodo, ho iniziato a riflettere davvero su queste parole. 
Mi chiedo come un'uomo possa definirsi cattolico dopo essere stato aperto e penetrato da altri uomini, per di più a pagamento. Se non ricordo male, la bibbia definisce abominio sia l'omosessualità che la prostituzione. 
Vogliamo poi parlare della visione distorta della sessualità che aleggia nella sua mente? Come si può definire fare l'amore scopare con alla base un senso di odio verso il partner? Questo è fare sesso, non fare l'amore. 
Infine, giusto per concludere, trovo del tutto anacronistico distinguere l'unione civile dal matrimonio, in quanto quest'ultimo sono di Cristo. 
Il mateimonio è qualcosa di assolutamente laico, reso poi un sacramento dal cristianesimo, cone fatto con tante altre cose (vedi il testo stesso dalla Bibbia, di cui alcune parto copiate pari pari da da testi precedente ad essa, ad esempio il Codice di Amurabi!). 
Se tutti ciò significa essere cristiani sono sempre più convinto che in due mila anni di storia, il cristianesimo, abbia mandato segni ed insegnamenti assolutamente contrastanti tra loro.... Il solo pellegrinaggio che farò in vita mia, per l'appunto (già fatto due volte tra l'altro), sarà a Firenze nella chiesa del convento  di San Marco, dove riposa Pico Della Mirandola, sepolto accanto al compagno Girolamo Benivieni col benestare del papato, come si può ben leggere dai documenti ufficiali dell'epoca. 
Ferrara, poi, come ho potuto leggere un suo articolo, definisce gli omosessuali che lottano per ottenere i diritti che gli spettano tirannici, in quanto in questo modo vanno a combattere la libertà di discriminare altrui.... Se non vado errato, il concetto stesso di libertà implica la possibilità di fare e dire ciò che si vuole nel rispetto altrui. La discriminazione, invece, per paradigma implica lo schiacciare e soverchiare gli altri, i loro diritti, la loro libertà in quanto esseri umani. 
Più l'estate va avanti, più leggo articoli a proposito delle fantomatiche Sebtinelle in Piedi. Quello che mi chiedo è quale scopo abbia questo gruppo, o meglio, accozzaglia di esseri umani. In realtà non mi è molto chiaro su quali basi poggi la loro protesta contro possibili leggi che stabiliscano la prnalizzaziobe dell'omofobia o tendini possibili anche in Italia la civil partnership per le coppie dello stesso sesso. 
In alcuni casi si parla di loro come un gruppo di uomini che sulla base della loro fede (cattolici per l'appunto) protestano; se si va a vedere chi fa effettivamente parte di questa follia, si può notare esponenti di gruppi neofascisti il cui programma politico prevede una vera e propria cancellazione della legge Mancini, così che si rendebbere assolutamente legale qualsiasi atto di odio (pestaggi ad esempio) verso le donne per esempio! Sarà un caso che una di queste pacifiche proteste (bravi loro, a stare in piedi all day bruciano un sacco di calorie!!) sia stata organizzata proprio in occasione della festa della donna? Effettivamente li libretto che gli tanto caro (la bibbia per i meno informati), nel Deuteronomio e nel Libro dei Numeri, approva lo stupro e la lapidazione verso povere donne innocenti. 
Nelle ultime ore poi, a Brescia, hanno chiesto a dei gruppi musulmani di unirsi a loro... Dio solo, quella mistificante entità, sa cosa abbiano in comune! Forse, inizieranno a chiedere a tutte le donne d'Italia di portare il burqa. 
Io non ho la verità del mondo fra le mani, ho solo la mia personale opinione riguardo gli argomenti più disparati... La differenza è che io non mi innalzo a divinità spacciando le mie parole per la più assoluta e sacra verità. 
Quale differenza c'è tra me e loro? Forse che io sono realmente Dio e permetto agli altri esseri umani, dall'alto della mia magnanimità, di sbagliare  e non imparare mai a vivere in questo pazzo e perverso mondo fatto di orrori e riprovevoli azioni. 


martedì 8 luglio 2014

Ignoranti prese in giro...

9 luglio 2014.

Mi sembra ieri che, una mattina di fine estate, mi sono ritrovato a chiacchierare con una giornalista della rivista Tempi. Invece, è passato quasi un'anno. 
Ricordo bene, dopo averci parlato per più di un'ora, l'immagine che avevo in mente di quella persona... Bigotta, caparbia, mistificatrice. 
Un'ora a parlare della mia storia, della mia vita, di ciò che ho fatto e di come ho vissuto, per ritrovar i poi a sentire parlare un donna che, più che scrivere un'articolo di giornale, sembrava voler da una parte convincermi dell'esistenza di una specie di lobby tirannica gaia (di cui scopri solo in quel momento di far parte) e dall'altra spacciare la mia ora per una specie di miracolo. Proprio in nome del miracolo, chiaramente divino, avrei dovuto, adotta sua,trasformarmi un fanatico religioso... Casa e chiesa, chiesa e casa. Nulla di più. 
Mi viene da ridere a ripensare a quel incontro finito con una mia tutt'altro che gentile richiesta di non scrivere alcun articolo. 
Da allora, giusto per farmi qualche risata (più per i commenti dei lettori che per i demenziali articoli),mi capita spesso di capitare sul sito della rivista in questione, www.tempi.it 
Durante una di queste visite, proprio oggi, mi sono ritrovato a leggere la storia interessante di due uomini, marito e marito, e del loro bimbo appena nato.
La prima cosa che mi ha intrigato è stato il titolo... «Due papà non fanno una mamma»
In secondo luogo, ho trovato interessante come l'articolo sia stato ripreso da quello scritto dalla parlamentare Eugenia Roccella, esponente del Ncd, partito di cui ho già parlato in Be Proud.
La giovane donna, la parlamentare, chiamatela come meglio preferite (anche se, nella mia mente di giovane ventunenne, fioccano appellativi decisamente più aulici e da duchessa) si è prestata  armi portare e ricostruire la storia per noi popolìno ignorante che non sappiamo dell'esistenza di internet. 
Riportare, però, è, forse, il verbo sbagliato da utilizzare in questo caso... Forse, l'espressione "rivedere,correggere e liberamente  inventare una storia" si addice di più a ciò che, la parlamentare, ha fatto nel suo articolo. 
Infatti, racconta come i due, a torso nudo (dettaglio importante nell'immagine, viste le accuse volte ai genitori di pedofilia nei giorni scorsi) abbiano strappato il bimbo dalle braccia della madre in affitto, che ormai guarda straziata il proprio figlio portato gli via. 
Come scrive nel suo articolo, a proposito dell'emozione del momento...
«un i definibile turbamento che coglie qualunque donna osservi le foto dei due, che, a torso nudo, tengono il piccolo pelle contro pelle. In una sola inquadratura, ai margini, si intravede il profilo di una donna dall'espressione smarrita e sofferente; è la donna che ha tenuto quel bimbo nel suo grembo per nove mesi, che lo ha appena partorito, e deve subito consegnarlo ad altri, come da contratto. È stata pagata per questo, ha fatto il suo lavoro.» 
La descrizione, il racconto, tutta la storia, mi ha lasciato abbastanza perplesso, in toto.... Lasciando perdere la narrazione di per se, un momento di gioia e affetto, è diventato l'occasione, il trampolino di lancio, per un'articolo impregnato di ideologie, con le quali si può o meno essere d'accordo, ma che vengono a svuoterai di ogni significato se vengono portate avanti con menzogne e falsità. 
Non ci hanno messo poi molto a diventare mere parole vuote nell'ampia testa. 
È bastato uno sguardo ad altri Articoli di giornale, canadesi e americani... Per l'appunto, credo la parlamentare si fosse dimenticata che esiste internet (magico luogo fatato dove ho trovato pure la sua presa in giro gratuita....). 
In realtà, come raccontano gli stessi protagonisti della vicenda (anche la donna che ha portato in grembo il bimbo),  i due uomini definiti «coppia gay», sono in realtà coniugi; l'utero definito « in affitto», in realtà non lo è, in quanto la donna è una delle più vecchie amiche di uno dei due coniugi ed è stata lei stessa ad offrirsi... Non è stata pagata, non gli è stato portato via, strappato dalle braccia, il suo bambino in quanto, se da un lato, non è una cosa che può appartenere a qualcuno, dall'altro, non è stato concepito grazie un'ovulo della donna... V inoltre considerato che, quando vorrà, la donna potrà vedere il bimbo quando desidera, facendo visita agli amici neogenitori. 
Quello che mi chiedo è che senso spendere parole per portare avanti una propria ideologia (ovvero l'adozione di bambini da parte delle coppie gay e l'utero in affitto, definì «compravendita di esseri umani») sulla assedi falsità. 
Che senso ha combattere per impedire a due uomini di adottare un bambino che, come mostrano le statistiche Americane, non avrebbe un'altra dove andare. Infatti, va considerato che, dove è possibile per legge, le coppie omosessuali che affittano un'utero sono pochissime, preferendo adottare bambini abbandonati dai genitori, addirittura per strada o nei cassonetti. 
Che senso ha lottare contro la legalizzazione dell'utero in affitto poiché «permetterebbe a chiunque, anche alle coppie omosessuali, di avere figli... E due papà non fanno una mamma». 
Che senso ha visto che, come mostrano tutti i dati a riguardo, è un fenomeno economicamente dispendioso e che riguarda coppie quasi esclusivamente eterosessuali?!? 
Quello che mi chiedo in virtù di quale mero privilegio una donna, una parlamentare, si permette di manipolare e strumentalizzare la vita di qualcun altro per vendere le proprio ideologie, per ottenere più voti da coloro i quali si lasciano stupidamente prendere in giro?
 

venerdì 4 luglio 2014

Kiss

4giugno 2014. 

Uno dei primi passi dell'adolescenza, per chiunque, credo sia il primo bacio. 
Chiunque può immaginare la tenerezza di quel primo bacio rubato... Al parco, all'uscita da scuola o all'entrata di casa. 
Io personalmente non ricordo ne la tenerezza, ne il ragazzo a cui ho dato il mio primo bacio, ma del resto ho sempre dato poca importanza a questo tipo di cose. 
Nonostante ciò, credo chiunque abbia un suo rapporto con le prime volte. 
Ognuno ha o non ha un ricordo di quel singolo bacio, di quella singola e tenera azione... La prima di tante. 
Credo che le persone, omosessuali o eterosessuali che siano, debbano essere libere di esprimersi, di comunicare col mondo circostante nel modo che meglio ritengono opportuno. 
Sono stato cresciuto con un solo valore, fondamentale, fisso in testa.... Sono nato libero. 
Sono nato libero e, per questo, sono un essere la cui essenza sta nella libertà. 
Sono nato per esprimermi, per dire ciò che la mia mente crea. 
Sono nato libero e, per questo,  sono un'essere la cui essenza, primordiale e necessaria, sta nella possibilità di fare ciò che vuole, di realizzare se stesso nel modo che più ritiene giusto. 
Sono nato libero nel rispetto altrui. 
Eppure, credo si dovrebbe discutere sul concetto di rispetto altrui. 
Lega nord... Un movimento nato e cresciuti attorno al mito dell'odio verso sud Italia. Mito, rivoltosi, poi, verso gli extracomunitari, verso i diversi, verso coloro contro la tradizione. 

«Due gay non devono baciarsi in pubblico, ci vuole senso civico: a me dà fastidio. Io faccio anche il sindaco: si potrebbe pensare a fare una delibera comunale. Non sono contro gli omosessuali, ma in pubblico devono mantenere contegno»

Sono queste le parole che mi tuonano ancora bella mente, da questo pomeriggio, da quando le ho lette, pronunciate dal leghista Buonanno. 
Ho la pelle d'oca, leggo in ogni singola parola l'odio gelato dietro una finta apertura, dietro lMipocrisia che nascondono. 
Credo, personalmente, che con la formula, ormai rituale, nel rispetto altrui... Non so vada a sottolineare che le azioni degli individui, singoli, non debbano disturbare gli altri. Credo, con ogni singola molecola del mio corpo, che si intenda che non si debba nuocere alla salute, alla libertà degli altri. 
Non credo che un bacio, o tanto baci, possano fare del male alla mente di un ipocrita, bigotto politico. 
Mi viene da ridere, con un amaro sapore in bocca, che qualcuno sia in grado di pensare ad una cosa simile. 
Al contrario, credo che un bacio sia qualcosa di dolce, speciale a modo suo. 
Esistono milioni di modi diversi di baciare, ognuno ha il suo. 
Ricordo, con il sorriso sulle labbra, i rimproveri di una mia amica, quando ancora eravamo adolescenti, perché mettevo poca lingua nei miei baci... 
"La trovo volgare..." Rispondevo sempre. 
Ammetto con un velo di commozione, pensando all'infinita quantità di tempo passata da allora, come le cose siamo chiate. 
Come il mio modo di baciare un ragazzo sia combinato, evolvendosi con la mia mia persona, col mio modo di vivere, col mio modo di essere me stesso. 
Credo che un'innocuo bacio, belle sua dolcezza e tenerezza, sia uno dei modo più belli di comunicare con gli altri. 
Credo sia un'abominio chiedere al mondo che due persone, per legge, non si possano baciare. 
Dietro quelle ingiuste parole, credo, si nasconda l'odio di una persona che esercita la propria libertà senza rispettare gli altri, decidendo, deliberatamente, di oggettivizzare gli altri, di privarli della propria libertà, di tenderli un'oggetto fra tanti. Non ricordo il primo bacio e il primo ragazzo a cui l'ho dato. 
Ricordo il primo bacio dato a coloro i quali hanno avuto un ruolo importante nella mia vita. 
Chiedo, a chiunque capiti qui, se si ricorda anche un solo primo bacio dato a qualcuno. 
Chiedo se se sono l'unico a pensare che sia ingiusto privare qualcuno della propria libertà di esprimersi e, forse in un domani, a partire da questa semplice privazione, a decidere chi debba avere il privilegio di essere una persona o una cosa. 

giovedì 3 luglio 2014

Brilliant Fears

4 giugno 2014

Sento il peso gravare sulla schiena. 
Sento quella sensazione di durezza conficcarsi nella schiena, fino a toccare l'osso, la spina dorsale, spezzarla in mille pezzi, piccoli, sfaccettati, dalle caleidoscopiche forme. 
I sogni, i desideri, le passioni si trasmitano in orride bestie, in demoni notturni che si poggiano sull'osso sacro. 
I loro artigli, neri ed affilati, lacerano le membra. 
Creano solchi oscuri... In ciò si perde il mio sguardo, vacuo, vuoto, vitreo. 
La paura, meschina e silenziosa, si insinua negli antri oscuri della mente, magnifica e spaventosa contemporaneamente, senza resistenza alcuna, come se fosse un'esercito, rumoroso ed altisonante, che invade un castello abbandonato, vuoto, ormai decadente. 
Svegliarsi una mattina, rendendosi conto della vuotezza dell'esistenza umana, della propria esperienza di vita. 
Immagino con orrore quella scena, quel volto vuoto, deturpato dalle scelte più sbagliate, dalla mortale colpa di non essere bravo abbastanza, di essere uno dei tanti, di essere tanto unico quanto un verde stelo d'erba in un prato. 
Vivere, in una visione globale della mera esistenza, risulta essere un'impresa tanto assurda da intraprendere. 
Solo un'essere folle, irrazionale, oserebbe combattere tale fatal conflitto. 
Il piacere, che si prova nel sentire il dolore di questa inutilità, pervade ogni cellula del mio opaco sangue, del mio essere allucinato. 

Godere del dolore. 

Godere della paura. 

Godere di ogni più umana ed inutile sensazione è la chiave. 

Quella paura, quei terribili mostri che disegnano carnali segni sull'umana pelle, sono la chiave di volta. 
Girati e guardali, dritti nei loro sanguigni occhi lucenti, nutriti di ciò che vedi, fai del loro spirito il tuo pane. 
Prendi, afferra e distruggi quell'inutile mondo notturno. 
Cammina, combatti e sconfiggi questa inutile vita. 
Sii il dorato cavaliere che vince l'inutile, sfuggevole e fallimentare battaglia chiamata vita. 
Brilla. 
Sii te stesso. 
Sii fiero. 

Be proud

Io, personalmente, trovo sempre più sconcertante l'opinione che i politici italiani hanno del popolo italiano... 
L'esempio è quella vecchia volpe di Alfano.
Di recente, il leader del Ncd ha dichiarato, riguardo le unioni civili per le coppie omosessuali: «noi siamo pronti ad un'accelerazione su questo genere di tutele, la nostra è un'apertura significativa» 
La mia risposta, da giovane ventunenne confuso, è molto semplice... Apertura significativa? Ma ti sei fatto una striscia di qualcosa? Perché voi dite di si alle unioni civili, ma solo a patto che non si parli di reversibilità delle pensioni, di adozioni, di uteri in affitto e che si tuteli la famiglia "tradizionale"... Per usare parole dell'elemento strano e confuso sopracitato: 
«la nostra è un'apertura con un avvertimento: non si tocchi la famiglia naturale composta da uomo e donna, come recita la Costituzione all'articolo 31».
Apertura proprio significativa, soprattutto visto l'articolo usato per definire il concetto, tipicamente cattolico, di famiglia. Ammetto che, francamente, non avessi idea di cosa parlasse l'articolo della costituzione in questione, ma, quale divina grazia, esiste google... Ecco dopo averlo googlato il testo del articolo: 
«la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose»
Certo Alfano, certo... Questo articolo parla proprio di famiglie formate da uomo e donna! 
Quindi, insomma, Alfano propone di approvare le unioni civili così che i #froci, si accollino tutti i doveri di un matrimonio, non ne ricevino nessuna tutela e che paghino affinché le "famiglie tradizionali", quelle di serie A, ne traggano tutti i profitti! 
Certo... Tutti deficienti!
Mi chiedo, in quanto giovane ventunenne omosessuale, se i politici si divertano a prenderci in giro. 
Mi chiedo se si debba davvero essere fieri di essere padani, più in generale di essere italiani. 
Sono un ragazzo milanese, pieno di problemi, con una vita complicata, come tanti altri. 
Mi chiedo, fin nel profondo, quanto si possa essere idioti per essere fieri di essere italiani o milanesi, per mettersi davanti alla tv a tifare la nazionale italiana... La squadra di calcio di uno stato che non mi rappresenta, per il quale provo parecchia vergogna. 
Qualche giorno fa, la regione Lombardia, ha passato il meraviglioso Atticolo 263... Scritto in parte dal movimento cattolico Giuristi per la Vita (cosa per la quale i membri sembrano anche tirarsela), grazie al quale la regione dai promotrice e protettrice della sacrosanta famiglia tradizionale. 
Oh la famiglia traduzionale... Quella per la quale, grazie all'articolo, verranno stanziati fondi per permettere alle famiglie meno abbienti di poter far frequentare ai figli scuole cattoliche, nelle quali non vengono messi in atto programmi contro l'OMOFOBIA. Scuole nelle quali va ad esaltarsi lo stile di vita tradizionale e si lotta contro questa esaltazione del modello di vita omosessuale, promosso dalle fantomatiche lobby gay. 
Quella per la quale verrà istituita una festa  (forse il giorno della festa cattolica della sacra famiglia? Così leggevo qualche giorno fa). 
Le cose che mi fanno ridere sono davvero tante. Oggi stesso, la regione ha tagliato i fondi per le scuole da 30 milioni a 5 milioni... Per la serie viva la coerenza! 
La cosa che mi fa davvero ridere, in quanto giocare ragazzo frocio milanese, che vive a Milano e frequenta determinati ambienti, è il numero elevatissimo di 50enni con moglie e figli che cercano di abbordare giovani RAGAZZI in locali gay... Perché la famiglia tradizionale è proprio vera e fondata su valori come ci viene proposta da una casta politica e religiosa fatta di retorica e nulla di più. 
La rriflessione sulla mia condizione di giovane cittadino italiano mi pota a chiedermi cosa sia rimasto di buono in un paese retrogrado e squallido di cui essere ancora fieri, per cui essere un poco patriottici...



venerdì 20 giugno 2014

• Solitudine •

21 giugno 2014•

Non esiste silenzio più lugubre di quello che senti in un locale, in una discoteca, in un qualsiasi luogo dove migliaia di persone gridano, si muovono, ballano, cullati da un'assordante musica a tutti volume.... In quei luoghi, in mezzo a quelle miaglia di persone, puoi sentire il silenzio più lugubre della tua esistenza. 
Per quanto circondato di vita tu possa essere, li, riesci davvero a sentire la solitudine che ti abbraccia, dolcemente amara come solo lei sa essere. 
Dicono che si nasca da soli e si muoia soli, mi chiedo cosa cambi mentre si vive. 
Una vita, per quanto lunga o breve possa essere, passata alla ricerca di qualcuno, che sia capace di completarci. Una persona, che sia capace di colmare quel vuoto con cui tutti veniamo in questo mondo desolato, fatto di incubi ed atrocità in carne ed ossa. 
Ma esiste davvero la metà di ognuno di noi? 
Esiste davvero, per ogni essere umano, quel qualcuno che completa quel vuoto? 
E se fossimo dispari su questa terra? Sarebbe giusto che un solo essere umano, tanto diverso quanto uguale a tutti gli altri, rimanga solo? 
Esiste davvero la persona che ci completa se in qualsiasi luogo non riesci a sentirti altro che un'essere diverso? 
Vedi le persone attorno a te, percepisci la musica che gli scorre nelle vene, come se prendesse veloce il posto del loro sangue, eppure, tu, non percepisci nulla dentro di te, senti solo quella perenne sensazione di diversità. 
Vorresti poter dire, anzi urlare a gran voce, di non voler essere solo, di non voler sentirti così.... Eppure, dentro di te, hai imparato a vivere così, a star bene... 
Hai imparato a sentirti bene solo, in completa solitudine, lontano da tutti, lontano da tutto.
Hai imparato a sentirti in pace con te stesso, come un'essere imperturbabile, lontano dal mondo, lontano dal tempo. 
L'unica domanda che viene da porti, dopo tutto, è se, forse, non sei proprio tu quell'essere destinato a star solo, senza una metà, senza un'ulinutile ricerca fallimentare da compiere... Perché, alla fine, nasciamo soli e soli moriamo. 

sabato 14 giugno 2014

#Rain

14 Giugno 2014.

Piove... Seduto sull'amaca in veranda, respiro a pieni polmoni l'odore del terriccio bagnato, dell'erba umida, delle goccie che cadono a terra. 
Ne sento il rumore, lieve, come un ticchettio frenico, caotico, fatto di piccoli tic che si rincorrono veloci, come se volessero prendersi l'un l'altro. 
Piove. 
Piove, come accade ogni altro giorno di pioggia. 
Cammino, lentamente, con i piedi scalzi, nel vialetto di casa. 
Le goccie mi scivolano addosso, bagnandomi, veloci, come fossero impalbili, immateriali. 
I piedi, li sento umidi, freschi, cone se fluttuassero su uno specchio d'acqua, opaco, scuro, imperscrutabile. 
Cammino e penso, guardando l'acqua penetrate nelle crepe del telefono. 
Lacrime. 
Tristezza. 
Disperazione. 
Buio smarrimento. 
Sono le prime cose che verrebbero in mente a chiunque, in una giornata piovosa. 
Eppure, non riesco a capire il senso di quelle associazioni mentali. 
Amo la pioggia. 
Amo il suo odore. 
Amo il suo colore. 
Amo quel grigio sporco di cui si tingono le nuvole. 
Penso alla pioggia e niente di più meraviglioso e stupefacente mi viene alla mente.
Uguaglianza. 
Sotto la pioggia, non importa chi o cosa sei. 
Che tu sia etero o gaio. 
Che tu sia maschio o femmina. 
Che tu sia uomo o bestia. 
Sotto la pioggia, tutto e tutti si bagnano, allo stesso modo, indistintamente. 


mercoledì 21 maggio 2014

Euforica delusione

21 Maggio 2014. 

Ormai le settimane alla maturità, che a settembre sembravano infinite, sono ridotte ad una misera manciata. 
Probabilmente, dovrei essere in ansia o agitato in vista della resa dei conti, dell'esame che dal '68 tedia migliaia, se non milioni, di studenti. 
Eppure, la mia unica preoccupazione riguarda il mio personale guardaroba tanto per cambiare. 
Mi assedia l'idea di dover presentarmi ad un'orale, davanti ad una ristretta cerchia di insegnanti selezionati a caso, rappresentanti di un sistema educativo fallimentare, con un'outfit completamente sbagliato. 
Sotto suggerimento dei miei docenti, della cara madre e del cheto padre la parola chiave che descrive in toto il dresscode dell'evento è APPROPRIATO.... Come se tal termine significasse davvero qualcosa. 
Per quanto riguarda il punto di vista, piatto e banale, dei miei consiglieri credo significhi "conformismo ad un triste e limitante stereotipo di abbigliamento maschile pseudo-elegante." 
E dico triste e limitante con solide considerazioni di base: un uomo, un ragazzo, un piccolo mostro, definitelo come più vi aggrada, deve essere vestito con giacca, pantalone, scarpa non troppo sportiva e, se proprio si vuole essere al #top , la camicia. Ovviamente una camicia piatta e banale, a righe, o a quadri o monocroma. 
Per quanto riguarda il sottoscritto, appropriato non implica un dresscode ben preciso, quanto uno stile di vita. 
Appropriato significa vestirsi con eleganza, con un certo stile, che non deve rispecchiare le ultime sfilate viste sulle runway milanesi, parigine o newyorkesi che siano. 
Implica una ricerca, prima di tutto detro di noi, che deve essere rispecchiata nel nostro modo di vestire. 
Il liceo scientifico stesso me lo ha insegnato.
Cinque anni rinchiuso dentro le grigie mura di una scuola ormai decadente, con la fame di lager, passati a studiare vita, morte e miracoli di personaggi, perché ormai altro non sono, che hanno speso la loro celebre vita a rompere schemi, crearne di nuovi, rivoluzionando il modo di pensare comune. 
Cinque anni passati tra le mura di un luogo che per paradigma dovrebbe esse il luogo dove giovani menti dovrebbero curare il loro bagaglio culturale, con lo scopo preciso di permettergli di volare. 
Con lo scopo di aprire le loro piccole menti.... Verso la libertà.... Di parola... Di essere ciò vogliono.... Di esprimersi. 
Alla fine di civaie schifosissimi anni, sette nel mio caso tra malattie e cose varie, di arriva al fatidico giorno, allo scontro finale che ti mette un poco d'ansia, ma che in realtà, una volta ammesso, le possibilità di kon superarlo sono pari a zero, o cinque quasi pari a zero. 
In quel giorno, in cui ad essere messa sotto esame kon è tanto la preparazione, ma la maturità, viene posto un limen... Questo si, tutto il resto no. 
Semplice come cosa. 
Triste. 
Banale. 
Insipida. 
Mi chiedo cosa ci sia di bello nel conformismo. 
Cosa ci sia di piacevole nell'essere stereotipati. 
Mi chedo cosa ci sia di bello ad essere adeguati alla situazione, di essere conformi all'immagine di maturando che sta nella testa dei più. 
Mi chiedo cosa ci sia di positivo nel dover essere comuni, come uno stelo d'erba in un prato... Uguale a tutti gli altri. 
Mi chiedo, nel momento in cui sei qualcos'altro, cosa ci trovino di bello le persone nel tipizzarti, incasellandoti dentro una vaselina chiusa dentro la loro mente ristretta. 
Gli stereotipi, nella loro brutale volgari r paradigmatica, sono sempre fioccati. Il primo che mi è stato affibbiato, fin da piccolo, è stato quello di frocio... It lato con cattiveria da un passante a casa, becero e burino. Urlato mi contro, con forza, come se il fatto che potrei succhiare piselli fosse una cosa così importante e definitoria per la mia persona. Eppure, che tu sia finocchio o etero eterissimo, non cambia nulla per la tua persona. Come essere finocchio, ovvero che ce lo si aspetta guardandoti, non ti rende più debole di una maschio da procreazione. 
Quest'anno, per la scuola e tra i professori, il banale stereotipo è stato quello di dandy... Come se avere e carattere, forte al punto di mostrarlo in ogni tua sfaccettatura, anche nel tuo modo di vestire, implichi il fatto che tu ti vesta per shokkare il milanese/brianzolo medio, chiuso dentro la sua campana di vetro. 
La vita, il mio gioco preferito, quello con cui non riesco a stancarmi di giocare pur avendo ventun'anni, si dimostra ogni giorno un'euforica delusione. 
Euforica... Parola che sembra stonare accanto delusione. 
Eppure, nella mia testa, si associano in maniera così perfetta...
Delusione, mi sembra ovvio il motivo... 
Euforica... Ogni giorno, i incontro persone nuove. Tutte fatte a modo loro. Così interessanti nella loro unicità... Interessanti... Ecco da cosa deriva la mia euforia. 
Eppure, tutti accomunati dal demone mistificatorio del giudizio altrui, che usano etero, froci dichiarati, froci non dichiarati, anche con mogli e figli. 
L'importante, mi sembra, essenzialmente, avere paura. 

venerdì 2 maggio 2014

Inconsistenti immagini vuote...

2 Maggio 2014.

Arriva un certo momento, ogni sera, o comunque alcune, in cui ti sdrai nel letto e, fissando il soffitto, con lo sguardo perso in quelle che ti paiono migliaia o milioni di sfumature di bianco, ti fermi a pensare, a riflettere, a ripetere nella testa una o due parole all'infinito cercando di carpirne lo sfuggevole senso che nascondono. 
Stai li è ti perdi. 
Ti perdi in un mondo interiore, profondo come se non avesse una fine. 
Ti perdi e basta, in questa illusoria ricerca. 
Illusoria in quanto fallimentare. 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Per quante volte puoi ripetere quella parola, non capisci. 
Non ne capisci il senso. 
Non ne capisci il perché. 
Ne comprendi solo ciò che banalmente implica a livello fisico. 
Niente di più. 
Niente. 
Ha un bel suono. 
Penso sia la cosa che più mi è rimasta in testa, che più mi ha colpito a furia di ripeterla. 
Mi tornano alla mente quelle decine di volte in cui immagini, forme e scarabocchi dai colori pop sono apparsi davanti ai miei occhi, come fossero insegne al neon.
Apparsi come fossero allucinazioni. 
Loro, effettivamente, non c'erano davanti a me, lo sapevo bene, ogni volta. 
Eppure, nella mia dolce stoltezza, ignoranza e, forse, consapevole ignavia  non ci ho mai fatto troppo caso. 
Per me accadeva e basta... 
Anche l'altra sera, con Lui, per qualche secondo, ho guardato negli occhi quelle impalpabili lucine. 
Pensavo fossi stanco, esausto dopo due settimane quasi insonne. 
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Quale dolce parola! 
Quale accostamento soave tra la consonante liquida R e la vocale A! 
A me ricorda la routine, un qualcosa di quotidiano, un ripetersi senza fine di una ringola azione. 
Apri il blister di pastiglie. 
Prendine una. 
Ingoia. 
Ripeti. 
Apri il blister di pastiglie. 
Prendine una. 
Ingoia. 
Ripeti. 
Apri il blister di pastiglie. 
Prendine una. 
Ingoia. 
Ripeti. 
Apri il blister di pastiglie. 
Prendine una. 
Ingoia. 
Ripeti. 
Apri il blister di pastiglie. 
Prendine una. 
Ingoia. 
Ripeti. 
Da quasi due anni è una costante nella mia vita, come fosse un ritmo di sottofondo per qualsiasi cosa io faccia.
Per qualsiasi cosa farò. 
A volte mi chiediedono se dopo tutto questo, ho ritrovato la retta via, la vede. 
Mi chiedo, francamente, perché sia scontato che una persona, dopo essere stato più di là che di quà, deve credere in dio! 
In quella sorta di entità superiore che alcuni, come ciechi, credono possa aiutarlo nei momenti del bisogno. 
Nessuno, pensa mai all'altra faccia della medaglia in una situazione del genere. 
Se si è salvi, come dicono tutti, per miracolo... Allora devi credere. 
Eppure, penso sia un modo sbrigativo di affrontare la cosa. 
Penso sia un modo veloce di dare una risposta alla nullità della vita, così insignicante ed significativamente sfaccettata, e alla straordinaria genialità umana. 
Nullità della vita... È un'espressione che mi piace alquanto. Un'eredità intellettuale lasciatami dal '900 filosofico che tanto mi affascina, che ho incontrato per errore nei corridoi di una scuola. 
Nei corridoi di un'anonima scuola di un'anonima Brianza dove risulta assai semplice far salire le lacrime agli occhi di una ragazza mettendo in evidenza, con un semplicistico ragionamento logico, che le tutt'altro che sacre scritture sono scritte da esseri umani, in carne ed ossa come me, come te, come lui, come chiunque. 
Nonostante il fascino di quel mondo, non sono mai riuscito,nell'ultimo anno, ad applicarmici diligentemente nello studio minuzioso e quotidiano. 
Ho sempre trovato lo studio scolastico, ed accademico in generale, piuttosto noioso. 
Probabilmente, il motivo di tutto ciò, sta nel fatto che sono un figlio illegittimo dello spirito barocco. 
Amo le parole, chiamiamole citazioni, i suoni, gli accostamenti acri e dolci, le sensazioni che producono. 
Amo prenderle, toglierle e privare del loro mondo e significato, del quale non mi importa più di molto, e ridagli vita. 
Una vita nuova, un nuovo mondo, una nuova funzione. 
La mia vita, il mio mondo, la mia funzione. 
Epilessia.... Una parola, che trovo dolce per l'appunto, una parola che nel mio mondo, tanto intricato ed eccentrico, associo alla parola SCONFITTA... Una sconfitta dolce, soave, che ricorda alla parte più irrazionale di me stesso di essere umano, di non essere invisibile, non del tutto almeno. 
Ricordo bene le parole di una donna, una professoressa per essere precisi, una professoressa di cui non riesco ad apprezzare nulla ad essere sinceri, che sostiene sempre che alla nostra età ci sentiamo tutti invincibili, come se il mondo non potesse mai crollar i addosso e schiacciarci sotto il peso delle sue macerie, brulicanti di sangue e dolore. 
Ho visto il mondo, il mio mondo, crollare e ridursi in cenere, avvolto dalle fiamme dei più disparati e sfortunati eventi che uno scrittore potrebbe mai partorire. Nonostante ciò, dietro ogni epilessia della mia vita, ho sempre visto una verità celata, portata fuori, scoperta dagli eventi stessi che l'anno costruita, mattone dopo mattone. 
Una verità riassumibile dentro una sola parola... INVINCIBILE
Del resto una persona per essere davvero invincibile, non deve essere indistruttibile o impossibile da scalfire. 
Credo, con ogni fibra del mio scheletrico corpo, che le persone sono davvero invincibili solo quando, fatti a pezzi e ridotti a brandelli, riescono a stare in piedi e camminare, camminare nei corridoi crollanti e decadenti della vita. 
Nulla di più. 
Ognuno a modo proprio. 
Ognuno invincibile a modo totalmente proprio. 
Chi a testa alta, con un sorriso dal retrogusto triste. 
Chi a testa bassa, conlo sguardo sofferente e una smorfia di dolore sul viso. 
Poi... Poi vi sono altri... Poi vi è lui. 
Che dopo quasi trent'anni di vita si è ritrovato il mondo in pezzi, nel tempo necessario per fare un respiro veloce. 
Lui che ama parlare in modo frivolo di ciò che lui chiama frivolo, facendo finta che tutte quelle cose macchiate di porpora non siano mai accadute,  che quel pulsante muscolo, posto nel centro del suo pallido petto, non fosse mai stato lacerato da profonde ferite, da eterne mancanze. 
Quando si parla di quelle purpuree epilessie, lui, inizia a parlare sereno, guardandomi con quei suoi bellissimi occhia azzurri, sereni. 
Più parla, più quelli cambiano e il leggero sentore di umidità, alla loro base, diventa un muro salato, impenetrabile, davanti alle sue cornee. 
Mi sussurra a mezza voce, come se gli mancasse il fiato, "per favore basta così..." 
I suoi occhi, smettono di fissare i miei e, automaticamente, come fosse un gesto incondizionato, gira il volta dalla parte opposta. 
Non mi permette, mai, di osservare i lineamenti del suo viso modificarsi ed incurvarsi in una smorfia di dolce dolore. 
Di dolce dolore. 
Non è altro che dolce dolore, quello che ti spezza il spiato, quello che, senza che glielo si chieda, trasforma la semplice mancanza affettiva in uno struggente senso di vuoto e desolazione in quel muscolo ormai non più pulsante, nascosto dentro alte mura di insicurezza e malfidenza. 
Qualche sera, mentre gira quella sua pallida pelle, vorrei prendere e abbatterle, mattone dopo mattone, riprendo gli all'infinito, preso dalla collera, che sono lì con lui, che non ho intenzione di trovare qualcun'altro. 
Vorrei poterlo scuotere forte, fin nel profondo, facendo vibrare ogni singola cellula che compone il suo corpo, quelle alte mura, la sua anima. 
Vorrei poterlo afferrare e stringerlo al petto, al mio petto, in una presa da togliergli veramente il respiro. 
Vorrei essere grande abbastanza da tenerlo stretto e farlo sentire protetto, tra le mie lunghe braccia. 
Eppure, nonostante ciò, io sono tutto qui. 
Una ragazzino piccolo, minuto, dai tratti efebici e dalla vita eclettica, che occasionalmente vede cose che non esistono, se non nella sua mente. 
A volte mi chiedo se, anche lui, nella sua fragilità e capacità di farmi sentire così bene e ben accetto, non sia altro che il misero riflesso di un'attacco epilettico. 
Una mistificatrice immagine, tanto bella, quanto inesistente. 



martedì 29 aprile 2014

I dare you to cry... To try... To live

29 Aprile 2014.

Penso che una delle caratteristiche costitutive della mia persona sia l'amore spassionato per la vita. La vita, vista sotto un punto di vista mio, che non tiene per nulla conto dell'idea di vita come dono divino, caduto dal cielo come per miracolo. 
Nella mia mente, un'immagine del genere, più che l'idea del regalo del signore ricorda molto la mitologica battaglia tra dio e gli Angeli Caduti, capeggiati dal divino Lucifero. 
Il mio amore spassionato per la vita  trova la sua ragione d'esistere nell'idea stessa che mi sono fatto di essa, come infinita possibilità-di essere qualcosa, provare qualcosa, fare esperienze nuove e via discorrendo. 
Forse é per questo che, ricordando la mia breve esperienza pre-mortem, provo un certo compiacimento, da un lato, e un'estremità tristezza, dall'altro, per non aver provato cosa implica l'esperienza finale, ineluttabile, indescrivibile chiamata morte. 
La mia vita, complicata quanto il labirinto di Dedalo,  è sempre stata vissuta con questo spirito... Lo spirito frenetico, irrefrenabile ed irresistibile della possibilità. 
Possibilità il cui unico fine è sempre stato il solo provare qualcosa di nuovo, una dimensione, un'esperienza volta, ogni volta, a non riuscire a concludere e completare me stesso. 
Un'esperienza interessante, che mi ha dato modo di riflettere, è quella mistica sensazione che si prova durante un'esame del sangue. 
L'aver incontrato e conosciuto Annina mi ha portato a fare tanti, tantissimi, prelievi. 
Ogni volta inizia allo stesso identico modo; un laccio emostatico legato stretto al braccio, aprire e chiudere il pugno per mettere ben in evidenza le vene... Poi, finitamente, dopo una peculiarmente corta attesa, il luccicante ago, leggermente freddo entra in contatto con la calda epidermide, penetrandola piano, lentamente. Basta un battito fugace di ciglia, che quel meraviglioso oggetto metallico è nel tuo braccio, come fosse sempre stato lì, eterno ed immutabile nella sua perfezione. 
Tutte le volte sento il sangue, almeno io, defluire veloce dalle mie vene al tubicino trasparente attaccato all'ago. 
Veloce, diventa rosso, rosso come il sangue.
Veloce, si riempie di quel sangue che pulsa alla velocità del tuo cure. 
Ho fatto talmente tante volte questa cosa che leggere il referto ormai mi risulta sempre semplicissimo, come camminare o respirare. 
Tutte le volte quell'esame, tanto velocemente lungo, va fatto a stomaco vuoto, niente coazione. 
Se la facessi la glicemia andrebbe alle stelle e, puff, dovrei riparlo. 
Eppure, mi è capitato di farlo a stomaco pieno, dopo colazione... La glicemia non è mai salita oltre la soglia della NORMALITÀ. 
Forse, ho pensato, la glicemia dipende direttamente da come si è fatto, altro che livello di zuccheri nel sangue. 
Se si è una persona cinica, la glicemia non ti sale neanche pagando e, per quello che fino adesso mi è stato permesso di vedere e conoscere, è una tendenza comune nel mondo finocchio. 
Il problema è che non ho idea di come zuccherare me stesso, la mia vita, il mio modo di vivere. 
Al giorno d'oggi, nel gaio mondo, manca quel pizzico di romanticismo e voglia di conoscere l'altro, quella persona che ti sta davanti o, in tanti casi, dietro... Ansimante. 
Quelle che sono le relazioni tra persone, sono ridotte ad una semplice interazioni tra membri maschili, niente di più. Trovo alquanto triste tutto ciò. 
Quello che troppo spesso viene a mancare è l'integrazione umana, sostituita troppo spesso da grindr. 
Nome sicuramente interessante, tenendo conto di cosa indicava tempi addietro. Tempi in cui il sottoscritto non era neanche un sogno nella testa di due giovani invertiti, due giovani ragazzi etero, mia madre e mio padre. 
L'altra sera ero in Milano City, pieno centro, all'Elephant, seduto al bancone in compagnia di un mio amico, mi raccontava di come fosse incinto. Natale termine della gravidanza della mamma surrogato. 
Lui single, troppo cinico per avere un compagno fisso, io single da lunedì. 
È entrato distrattamente sulla divina chat ed ecco una messaggio.... 

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Da: J 

Ciao, piacere Luca, molto carino il ragazzo con te al bancone... Siete fidanzati?

Da: A
 
No, è un mio amico...

Da: J 

Perfetto, gli dici di entrare su gr che gli scrivo... Mi ispira un sacco sesso... Mmmm...

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Al che, quello che la mia mente si è fatta una domanda molto semplice: Va bene che fuori solo fottere, ma il locale è vuoto, piuttosto che sperare che entrò in quella bolgia infernale, alzare il tuo muscoloso fondoschiena e venire al bancone a rivolgermi la parola no!?!? 
Effettivamente troppa fatica. 
Grindr, la nuova via più veloce di comunicare con altri portatori sani di pene. 
Andrà a finire che, nei prossimi anni, anche tra partner, uno davanti all'altro, ci si parlerà solo attraverso una stupida chat malfunzionante. 
Però, pensare che non esista altro nel mondo gaio, sarebbe limitante. 
Effettivamente, negli ultimi mesi c'è stato Lui, il mio gigante buono, anche se solo per un brevissimo respiro di vita. 
Una persona complicata, come piacciono a me le persone del resto... Complicate, incasinate, malridotte, con le ossa rotte e il petto squarciato... Come il sottoscritto. 
Probabilmente, mi piace questa tipologia di ragazzo perché, nella parte più inconscia di me, spero mi possa comprendere un poco. Quel minimo che basti per permettergli di non bollarmi in automatico come altezzoso-fuori-come-un-balcone snob. 
Lui era... Lui era lui. 
Mi ha scritto pure Lui in quella bolgia da due soldi... Pensavo fosse uno come tutti gli altri. Si esce, ti offro da bere e tu ti fai scopare. Niente di più niente di meno. 
Una uscita come tante ve ne sono state in passato.  
Una serie di brevi momenti di ebrezza, per poi sentsi vuoti. 
Alla fine, ogni uscita da una sera, da una botta e via, non sono niente di più:  un breve istante in cui ci si senti completi, in cui il senso di vuoto che si ha dentro viene occupato da qualcuno. 
Un momenti per l'appunto.
Un momento che scorre via veloce, per poi lasciare di nuovo spazio al vuoto. 
Come mi ha scritto Lui, prima di lasciarmi, "ti ho conosciuto con le lacrime agli occhi..." 
Ed è stato così il nostro primo appuntamento, il penultimo giorno di dicembre, una serata passata a chiaccherare di cose serene e tranquille e di cose tristi, anzi, diverse. 
Non credo esista davvero un'avvenimento triste o infelice nella vita di un'uomo. A modo loro, tutti i momenti sono felici, poiché ci lasciano qualcosa, un segno, una cicatrice che ci cambia e ci permette di evolverci. 
Da quella sera abbiamo iniziato ad uscire. In lui, nel gigante buono, ho conosciuto una delle persone più dolci, insicure è complicate che abbia mai incontrato. 
Ti corro il nostro primo mezzo bacio... Sulla porta di casa mia, dopo una sera a Milano. 
Timidamente ga appoggiato le sue labbra su metà delle mie. È stato del tutto inaspettato e dolce... Non è stato il primo bacio, ma aodo suo, dopo quella terza uscita, voleva dirmi che gli interessavo. 
Il primo bacio, quello vero, è arrivato solo al quinto appuntamento, in macchina, dopo l'ennesima serata insieme. 
Ricordo che fu lui a baciarmi, combattendo contro la timidezza che lo contraddistingue, in modo timido. Solo quando si è reso conto che ardevo dal desiderio di quel bacio si è lasciato andare, sfiorando il mi corpo, sotto i vestiti, con carezze. 
Lui, la persona più complicata che conosca, più di quanto lo sono io.  
Un ragazzo che trent'anni li ha solo sulla carta di identità, pieno di paure, di complessi, di squarci. 
Quando ci mettevamo a parlare, delle cose serie, di quelle che tanti definiscono drammatiche, i suoi occhi del volere del cielo si velavano di lacrime amare, causate dal dolore che provava. Anzi, che prova. 
"Non ce la faccio, ti prego parliamo d'altro..." 
Mi sussurrava tutte le volte, sconfitto dalla paura di aprirsi e dal dolore. 
Cambiavi argomento con una battuta ironica, tutte le volte, ma in realtà avrei voluto e dovuto stringerlo forte, dargli un bacio e dirgli sottovoce che tutti siamo fragili, che tutti soffriamo, che in un modo i nell'altro prima o poi le cose vanno meglio. Non ho mai fatto nulla di tutto ciò... In quei monenti, lui girava il viso, si allontanava da me. 
Aveva paura di farmi vedere il suo dolore. 
Di me, non riusciva a fidarsi, sono un ragazzo, sono finocchio... Il tipo di persona che lo aveva fatto soffrire nei momenti peggiori della sua vita. 
Un metro e novantasei di ragazzo, una montagna, tanto fragile, fatta a pezzi da persone che, personalmente, reputo orrende pur non conoscendole. 
Nella sua fragilità, ben nascosta dietro una frivolezza tipica delle bionde per convenzione, sapeva essere la persona più dolce e più bella che ho mai incontrato. 
Un bacio, un suo bacio, sapeva risvegliare in me quella dolcezza, quella fiducia nel genere umano, che ho seppellito anni fa. 
Mi baciava, dove nessuno aveva mai osato.... Incominciava sempre dalla labbra e, bacio dopo bacio, finiva per toccare le cicatrici sul collo, quella sulla schiena, sotto il collo, quelle sulle mani. Mi faceva sentire accettato, nonostante quei segni che solitamente ripugnano. Non si rendeva nemmeno conto di farlo. 
Le baciava in automatico, come se per lui fosse la cosa più ovvia, la parte migliore di me, esteticamente parlando.
Poi, un tiepido lunedì di aprile, mi ha lasciato andare. 
Io non volevo andarmene, avrei voluto urlare quella sera, quella mezz'ora a girare in auto q caso. 
Avrei voluto chiedergli perché. 
Avrei voluto sapere cosa fosse cambiato nel giro di un giorno. 
Non lo feci. 
Gli dissi solo che io non potevi contringerlo a rimanere, che avrebbe dovuto fare il meglio per se stesso e che, se il meglio era quello, me ne sarei andato così com'ero arrivato. 
Gli diedi un bacio sulla guancia, e scesi dalla macchina. 
Non arrivai nemmeno al cancello di casa che scoppiai a piangere. 
È stata una settimana orribile... Che la sera tornassi tardi o meno, non andavo a letto prima delle sei. Avevo il terrore di chiudere gli occhi e sognare. 
Sognavo lui... Tutte le notti o, meglio, le due ore che dormivo. 
Ricordo ancora l'anerezza che sentivo in bocca, la mattina, controllando il telefono è rendendo mi conto che era stato solo un sogno, che non era tornato. 
Non riesco ancora a capire se era una sofferenza peggiore sognarlo e sapere che non sarebbe più stato mio o rendermi conto che era tutto un fugace sogno. 
Poi, dio una settimana, eccolo li. 
Richieste d'amicizia su fb. 
Non sapevo se accettarla o meno, non sapevi cosa fare. 
Acettai e gli scrissi, fu un sollievo totale. 
Lo scambio di messaggi durò ore, durante le quali ci fossimo di tutto.  
La rabbia su trasformò in un tenero sorriso nello scoprire che mi aveva lasciato andare perché pensava fossi infelice con lui, perché pensava che lui non mi faceva star bene. 
Non aveva capito nulla...
Probabilmente, pensava che io cercassi in lui io mio nido sereno, il mio angolo di paradiso, ma la serenità e la tranquillità annoia. 
Lui, con la sua intricata psiche, era una tempesta... La mia tempesta perfetta. 
Quella capace di metterti in gioco. 
Quella capace di metterti in gioco. 
Quella capace di cambiarti, quella capace di renderti migliore. 




mercoledì 26 marzo 2014

•ICONOCLAST•

26 Marzo 2014. 

In questi ultimi giorni, per motivi diversi, mi sono trovato a pensare al mio personale modo di concepire la moda, al mio modo di vestirmi, al mio modo di portare i diversi capi che possiedo ed indosso. 
In principio c'era il verbo... Il verbo del mio professore di letteratura italiana, un discorso lungo e prolisso basato sul paragone tra Pascoli e D'Annunzio: entrambi, esponenti del decadentismo italiano, i due più grandi del movimento nel Bel Paese. Il primo, erede del simbolismo di Baudelaire, grande scrittore, forse il decadentista italiano che ha raggiunto i più alti livelli poetici coni suoi passaggi dal mondo grammaticale a quello pre-grammaticale e a quello post-grammaticale. Il secondo, come sottolinea spesso il mio professore, arrivato ai più altisonanti livelli, non tanto per la sua opera letteraria , quanto per la sua stessa vita. Una vita, per usare le parole di Walter Pater, «lived in the spirit of art, as a work of art.»
In principio c'era il verbo... Soppiantato poi, come spesso accade, da un becero frastuono di voci dissonanti, burine, probabilmente prive di cattiveria, superficiali. 
Alle parole, al lungo jet elevato discorso tenuto da uno dei dantisti più importanti in Italia, è seguito un nome, il mio. 
Il paragone, come c'era stato con Wilde, c'è stato anche con l'italianissimo (e da me pochissimo amato) D'Annunzio. 
È comune parere, almeno da quello che gli altri mi chiedono e mi dicono, alla base del mio stile, del mio modo di vivere stanno delle solide fondamenta di superficialità e buongusto. Nulla di più. 
Io, in modo personale, non ho mai visto la prima delle due cose in me. 
Mi piace sembrarlo, superficiale,  con frasi e modi di fare frivoli, ma del resto è il migliore di dire tutto ciò che si pensa di qualcosa o qualcuno senza sembrare u a persona malvagia e cattiva. 
Una persona frivola, come appaio io, lascia in bocca una risata dal retrogusto cattivo, addolcendo, quindi, la pillola amara che con ironia gli si serve direttamente in bocca. 
L'ossessione che ho per il mondo della moda, è sempre una causa scatenante di quelle critiche. 
Sei fissato con il mondo del fashion, ti vesti all'ultimo grido, sei un fashion-victim... Tutto ciò, in gran parte del mondo che mi circonda, è simbolo di superficialità. 
Addirittura, nel mondo delle cule, spesso è scambiato non solo per un chiaro riflesso esterno della superficialità che ti ti potrebbe caratterizzare, ma anche dei polsi rotti che potresti avere o della spina dorsale che potresti non avere... Che poi, questa espressione... "Manca di spina dorsale".... La trovo leggermente offensiva nei miei confronti. Una persona se ha un midollo osseo da burattare via, cosa mai può farci? Questo non implica che una persona sia debole. 
Nessun essere comune vede il modo di vestire di una persona come un riflesso della sua personalità, come il modo più immediato e, a parere mio, artistico che possediamo. 
Nessuno pensa che, dietro un determinato modo di vestire stia una ricerca personale, forse anche filosofica, riguardo al modo di concepire la vita. 
Sono una persona,io, a cui il mondo è sempre stato piuttosto stretto, come fosse una pantalone di due taglie più piccole rispetto alla mia. 
Ho sempre trovato banale il mondo, così convenzionale... Ed è proprio qui il nodo della questione. 
Convenzionalità. 
Massificazione. 
Standardizzazione. 
Stereotipizzazione. 
Tutti sinonimi a parere mio. 
Vivo in un modo che, dietro alle sue mistificatrici ideologie, si nasconde sentendosi protetto . 
Io trovo limitanti tali ideologie... Quella cristiana, quella della "rispettabilità" che affonda le sue radici nel lontano ottocento, quella della normalità, quella della famiglia "tradizionale" e molte altre strane ideologie. Mostri amorfi, prole di demenziali manie di onnipotenza. 
Sono stato definito, da una donna che conosco da anni, a partire dalle mie idee riguardo il mondo, un'iconoclasta. Effettiva,ente, è una definizione di me che mi piace e, basta leggere quello che sono solito scrivere, mi si addice. 
A partire da quella definizione, tanto banale, quanto detta in tono poco serio, è iniziata la mia ricerca stilistica. 
Ricordo il lontano 2009. Ero un giovane tanto particolare quanto comune. 
Le mie idee iconoclaste iniziavano a germogliare tranquille e serene, mentre io apparivo come un ragazzino dalla chioma fluente e dal look da giovanotto di buona famiglia... Pantaloni normali, camicia sempre e comunque. Davo l'impressione, cosa che ad oggi è rara, di essere una bravo bimbo tranquillo e sereno. 
Da allora di tempo ne è passato e, esattamente come un'idea, sono cambiato, mi sono evoluto. 
Quel mio dissentire dal mondo, ha trovato modo di esplodere nella parte più visibile di me. Il modo di vestire. 
Ad oggi, se da un lato mostrò col mio modo di vestire chi sono, dall'altro shokko il mondo ipocrita che mi circonda. 
Porto pantaloni stretti, molto stretti, con blazer e, sotto, magliette quasi trasparenti o traforate.
Amo giocare con quella che io definisco l'identità di genere degli abiti. 
Viviamo in un modo convenzionale dove un blazer con un determinato taglio è da uomo o da donna;dove un determinato modello di stringata è da uomo o donna; dove determinati tessuti non possono e non devono essere utilizzati per la moda maschile. 
Ricordo mia madre che mi dice "ma quel pantalone ha l'ala iattura da donna.. È un pantalone da donna!! Non vorrai metterlo?!?" 
Io personalmente non credo in tutta questa standardizzazione,non credo sia il modo sano di vivere. 
I vestiti lì vedo come opere d'arte da abbinare e mettere. Non hanno un sesso, non hanno un'identità di genere. Sono opere d'arte, asessuate o, se proprio volete dargli un sesso o un'orientamento sessuale, potemmo definirle ermafrodite o bisessuali. 
Non è la superficialità il motore immobile o la causa i causata della mia ricerca, del mio modo di apparire, ma è la ricerca di un modo di essere diverso, come mi sento io, che mi porta ad indossare liberamente capi da uomo e da donna insieme o ad indossare scarpe ricercate, particolari o indossare particolarissime fantasie. Alla ricerca poi, si affianca il buon gusto. Unica cosa che mi hanno sempre accusato d'avere, giustamente. 
Per le mie idee, ancora di più per questa maschera di superficialità che mi hanno sempre cucito addosso gli altri, che mi sono sempre sentito rimproverare quanto non sia una persona normale, quanto risulti altisonante ed egocentrico, quanto risultassi diverso. 
Diverso, questo termine credo risulti essere il secondo nodo della questione, del mio modo iconoclasta di vivere. 
Oggi ovunque ti giri, c'è sempre qualcuno che rifugge l'oscuro spettro della diversità. 
Oggi, viviamo in un mondo dove sembra si debba essere tutti uguali, tutti conformati a una sola linea di idee, di modelli, di gusti, di normalità. 
Trovo questo un modo di vivere, non solo limitante, ma a acrostico, un modo di tornare indietro di secoli. 
Se non sei come gli altri, sei un'outsider, un tagliato fuori, uno che non merita di avere, ad esempio, gli stessi diritti degli altri. 
Io credo, invece, che il mondo di oggi si basì sulla diversità che tutti rifuggono. 
Dire che siamo tutti uguali, credo sia il peggior crimine che si possa commettere, anzi, trovo ancora peggiore definirei uguale a tutti gli altri. 
Il progresso è dato proprio dalla diversità, dalla marca differenze di idee tra individui.
Se fossimo tutti uguali, tutti conformati l'uno all'altro, non si potrebbe andare avanti. Le idee non sarebbero molteplici, le idee si ridurrebbero ad una sola e le cose non cambierebbero mai. 
Per come la vedo io, solo attraverso la diversità si può giungere ad una sintesi e, quindi ad un cambiamento. 
Io personalmente, sulla base del mio modo di pensare, preferisco vivere così, iconoclasticamente, che conformato ad un mondo che non mi appartiene. 
Preferisco essere diverso e sbandierarono col mio modo di vestire ed essere, che diventare uno dei tutti uguali misero prodotti di una società volta alla massificazione. 

lunedì 17 marzo 2014

• ÜBERMENSCH •

15 Marzo 2014. 

Sabato, sveglia alle sei e dieci come sempre... Vestiti da mettere pronti sulla scrivania dalla sera prima; ovviamente, appena svegliato, li ho presi e rimessi nell'armadio. 
Mi capita raramente di mettere quello che scelgo la sera prima, appena sveglio cambio idea, in base al mio umore. 
In base a quello che mi passa per la testa la notte precedente, mentre mi addormento. 
Ieri sera è stata una bella serata, forse una delle più belle da quando io e Lui abbiamo iniziato ad uscire insieme, il 30 di Dicembre, tra mille dubbi, tra mille paure, tra mille crisi. Non è stata una serata particolare, eravamo io e lui, in un locale sui navigli, il Rhabar... Un locale lesbo a dire il vero. 
Se qualcuno mi chiedesse una definizione per tal tipologia di locale non ci penserei su più di tanto.... Un locale dove qualsiasi ragazzo di questo secolo, con un minimo di gusto, finocchio o etero che sia, si sente più donna di qualsiasi altro essere pensante nella sala. 
È stata una serata semplice, io e Lui, a ridere e scherzare, senza pensieri. 
I pensieri sono arrivati dopo, quando a mezza notte e mezza sono entrato in casa, quando ho trovato la borsa sulla scrivania, con i libri di filosofia accanto. 
Sono uscito di fretta, cercando di capire quanto freddo o caldo facesse fuori. Alla fine ho optato per abbandonare sul letto il cappotto indossato ieri sera... Ho messo un trench borchiato, nero, piuttosto sobrio lasciando perdere le 150 borchie che vi sono applicate. 
Alla fine l'interrogazione di filosofia è andata bene, sarà che mi piace moltissimo come materia. Permette alle menti di pensare, di aprire nuovi orizzonti, di lasciarsi il mondo alle spalle per cacciarsi in modi e speculazioni sulla vita, alla mia per lo meno. 
Nietzsche. 
Una vita passata a scrivere, a pensare, a mettere idee su carta, per cadere nel tenebroso oblio della follia. 
Credo sia uno degli autori che nel corso degli anni mi ha affascinato e mi affascina di più. 
Quella sua tipica concezione della vita come caos, come dolore. 
Forse, è l'idea di Oltre Uomo che più mi piace; l'idea di colui che, passando per i vicoli più buii della vita, si fa carico dell'omicidio di Dio, ne elabora il lutto e, in modo quasi eroico, accetta e fa suo il SI orgiastico alla vita. 
Penso spesso a quell'idea, così affascinante di uomo, che alle spalle ha Shopenauer e la sua idea di vita, di vita come pendolo che oscilla tra noia e dolore. 
La filosofia apre la mente. 
Penso a quell'idea di vita fatta di caos, di noia, di dolore. 
Caos, uguale dolore. Personalmente, non credo. 
A me il caos è sempre piaciuto. 
Mi sono sempre trovato bene a dividermi tra una cosa e l'altra. 
Ho sempre amati avere una vita incasinata, con mille cose da fare. 
Personalmente, caos uguale piacere e, se il piacere è la soddisfazione immediata di un desiderio, allora ammetto di aver bisogno, ogni momento della mia vita di avere qualcosa da fare, di dove scegliere tra un'impegno e l'altro. 
Personalmente, dolore uguale esseri viventi, pensanti, umani. 
Probabilmente risento dell'influenza di Sartre o, più semplicemente, risento di tutte le cicatrici che mi sono state fatte, di tutte le pugnalate che mi sono state date, di tutte le volte che hanno buttato via il mio cuore, in pezzi, come fosse un foglietto troppo usato. 
Credo siano proprio le persone a fare del male agli altri, anche inconsciamente. 
La mia vita è stato un'infiniti susseguirsi di persone, l'una dietro l'altra, come capitoli di un libro. 
Le persone che sento e vedo ora, incominciano anche loro ad annoiarmi. 
Oggi al classico caffè, si chiacchierava... Nella mia testa le loro parole non erano altro che un confuso e silenzioso mix di bla bla bla bla. 
Credo che il punto cruciale sia proprio questo. 
Le persone, non ti provocano dolore volontariamente, non tutte per lo meno, ma inconsciamente si rivelano per quello che sono... Ipocriti e falsi. A quel punto, ti rendi conto di quanto vuote siano, di cosa di possono dare... Nulla. 
Una persona, per due anni sparisce, perché si è fidanzata, perché ha spezzato il cuore a uno di "noi".
Quando è sparita, io ho capito molte cose di lei..quanto fosse bambina, quanto fosse egoista, quanto amasse usare le persone per sentirsi al centro dell'attenzione. 
Due anni, durante i quali, dolcissime parole di disprezzo nei suoi confronti sono uscite dalla bocca di tutti. 
Forse, l'unica che ha detto poco, è stata sua cugina. 
Ma lei, forse è quella più marcia di tutti, per citare  una mia cara amica. 
È la classica ragazza bella, viziata, che ama sentirsi corteggiata, essere al centro dell'attenzione. 
Se non ottiene ciò che vuole, il risultato, è che, pur avendo 22 anni, si chiude in bagno a piangere, tiene il muso, frigna come una stupida bambina. 
Il risultato è che, le due cugine, nonostante per due anni siano state assenti, ora sono di nuovo qui e tutti, falsi e ipocriti, fanno finta di nulla... Sono di nuovo amici per la pelle. 
Poi c'è il ragazzo a cui è stato spezzato il cuore... Intelligente, preso a piccolissime gocce simpatico, ma assolutamente superficiale. 
Ad oggi, si circonda delle cugine... Sa Quanto false siano, sa Quanto siano marce... "Ma sono di bella presenza." 
Credo che, questo comportamento sia tra i peggiori... 
Nella vita non esiste solo le presenza, la bellezza, quella umana, è fittizia, mistificatrice. Negli anni, muore e si spegne... In certi casi, si spegne con un "ERA ORA!!" generale in sottofondo. 
Sono il tipico ragazzo, io, che ama circondarsi di persone belle, non solo esteticamente però. 
Amo i rapporti con persone che siano ricche di cose a me nuove, che possano darmi tanto, caratterialmente e intellettualmente parlando. 
Devono sapermi dare quel qualcosa in più che mi manca. 
Soprattutto, devono essere capaci di non annoiarmi. 
La noia, è uno spettro che si aggira sempre nella vita dell'uomo o, comunque, nella mia. 
Trovo noioso, pateticamente noiso, che arrivati a 20 22 anni, il massimo divertimento di un gruppo di giovani sia andare a ballare, nella stessa discoteca che frequentano da quando hanno 15 anni, in mezzo a soli 16enni. 
Sarò io strano, ma nella vita penso che ci siano cose che mi possono fare di più, che li annoino meno di un gruppo di ventenni ubriachi che ballano in mezzo a dei bambini. 
Io potrò sembrare anomalo, a ognuno il suo giudizio, ma credo che una mostra d'arte, un museo, un buon film i una semplice cena a base di ottime chiacchere, che non siano parole vuote come l'aria, siano meglio di tutta quelle banalità. 
Una domenica pomeriggio, passata a chiaccherare d'arte con gli organizzatori dell'ultimo vernissage ma cui hai partecipato, sia meglio di un caffè con una donna, anzi bambina, che su lamenta che le sue scarpe hanno una forma strana. Questo per due ragioni di motivi: il primo, semplice, le scarpe in questione non hanno una forma strana, sono proprio orribili, degli aborti; il secondo, semplice, perché un pomeriggio come quello non mi lascia nulla... Forse, un sapore amato in bocca per non aver detto a quella ragazza di tacere. 
ÜBERMENSCH... L'Oltre Uomo, non è colui che ha affrontato il dolore, ma colui che ogni giorno, ora dopo ora, sopporta gli altri esseri umani e decide che, comunque sia, c'è sempre qualcuno o qualcosa che, prima o poi, gli faccia nascere la voglia di non fermarsi solo per cena, ma anche per il caffè, per la vita o per sempre, se avesse davvero un significato questa mera parola...