mercoledì 26 marzo 2014

•ICONOCLAST•

26 Marzo 2014. 

In questi ultimi giorni, per motivi diversi, mi sono trovato a pensare al mio personale modo di concepire la moda, al mio modo di vestirmi, al mio modo di portare i diversi capi che possiedo ed indosso. 
In principio c'era il verbo... Il verbo del mio professore di letteratura italiana, un discorso lungo e prolisso basato sul paragone tra Pascoli e D'Annunzio: entrambi, esponenti del decadentismo italiano, i due più grandi del movimento nel Bel Paese. Il primo, erede del simbolismo di Baudelaire, grande scrittore, forse il decadentista italiano che ha raggiunto i più alti livelli poetici coni suoi passaggi dal mondo grammaticale a quello pre-grammaticale e a quello post-grammaticale. Il secondo, come sottolinea spesso il mio professore, arrivato ai più altisonanti livelli, non tanto per la sua opera letteraria , quanto per la sua stessa vita. Una vita, per usare le parole di Walter Pater, «lived in the spirit of art, as a work of art.»
In principio c'era il verbo... Soppiantato poi, come spesso accade, da un becero frastuono di voci dissonanti, burine, probabilmente prive di cattiveria, superficiali. 
Alle parole, al lungo jet elevato discorso tenuto da uno dei dantisti più importanti in Italia, è seguito un nome, il mio. 
Il paragone, come c'era stato con Wilde, c'è stato anche con l'italianissimo (e da me pochissimo amato) D'Annunzio. 
È comune parere, almeno da quello che gli altri mi chiedono e mi dicono, alla base del mio stile, del mio modo di vivere stanno delle solide fondamenta di superficialità e buongusto. Nulla di più. 
Io, in modo personale, non ho mai visto la prima delle due cose in me. 
Mi piace sembrarlo, superficiale,  con frasi e modi di fare frivoli, ma del resto è il migliore di dire tutto ciò che si pensa di qualcosa o qualcuno senza sembrare u a persona malvagia e cattiva. 
Una persona frivola, come appaio io, lascia in bocca una risata dal retrogusto cattivo, addolcendo, quindi, la pillola amara che con ironia gli si serve direttamente in bocca. 
L'ossessione che ho per il mondo della moda, è sempre una causa scatenante di quelle critiche. 
Sei fissato con il mondo del fashion, ti vesti all'ultimo grido, sei un fashion-victim... Tutto ciò, in gran parte del mondo che mi circonda, è simbolo di superficialità. 
Addirittura, nel mondo delle cule, spesso è scambiato non solo per un chiaro riflesso esterno della superficialità che ti ti potrebbe caratterizzare, ma anche dei polsi rotti che potresti avere o della spina dorsale che potresti non avere... Che poi, questa espressione... "Manca di spina dorsale".... La trovo leggermente offensiva nei miei confronti. Una persona se ha un midollo osseo da burattare via, cosa mai può farci? Questo non implica che una persona sia debole. 
Nessun essere comune vede il modo di vestire di una persona come un riflesso della sua personalità, come il modo più immediato e, a parere mio, artistico che possediamo. 
Nessuno pensa che, dietro un determinato modo di vestire stia una ricerca personale, forse anche filosofica, riguardo al modo di concepire la vita. 
Sono una persona,io, a cui il mondo è sempre stato piuttosto stretto, come fosse una pantalone di due taglie più piccole rispetto alla mia. 
Ho sempre trovato banale il mondo, così convenzionale... Ed è proprio qui il nodo della questione. 
Convenzionalità. 
Massificazione. 
Standardizzazione. 
Stereotipizzazione. 
Tutti sinonimi a parere mio. 
Vivo in un modo che, dietro alle sue mistificatrici ideologie, si nasconde sentendosi protetto . 
Io trovo limitanti tali ideologie... Quella cristiana, quella della "rispettabilità" che affonda le sue radici nel lontano ottocento, quella della normalità, quella della famiglia "tradizionale" e molte altre strane ideologie. Mostri amorfi, prole di demenziali manie di onnipotenza. 
Sono stato definito, da una donna che conosco da anni, a partire dalle mie idee riguardo il mondo, un'iconoclasta. Effettiva,ente, è una definizione di me che mi piace e, basta leggere quello che sono solito scrivere, mi si addice. 
A partire da quella definizione, tanto banale, quanto detta in tono poco serio, è iniziata la mia ricerca stilistica. 
Ricordo il lontano 2009. Ero un giovane tanto particolare quanto comune. 
Le mie idee iconoclaste iniziavano a germogliare tranquille e serene, mentre io apparivo come un ragazzino dalla chioma fluente e dal look da giovanotto di buona famiglia... Pantaloni normali, camicia sempre e comunque. Davo l'impressione, cosa che ad oggi è rara, di essere una bravo bimbo tranquillo e sereno. 
Da allora di tempo ne è passato e, esattamente come un'idea, sono cambiato, mi sono evoluto. 
Quel mio dissentire dal mondo, ha trovato modo di esplodere nella parte più visibile di me. Il modo di vestire. 
Ad oggi, se da un lato mostrò col mio modo di vestire chi sono, dall'altro shokko il mondo ipocrita che mi circonda. 
Porto pantaloni stretti, molto stretti, con blazer e, sotto, magliette quasi trasparenti o traforate.
Amo giocare con quella che io definisco l'identità di genere degli abiti. 
Viviamo in un modo convenzionale dove un blazer con un determinato taglio è da uomo o da donna;dove un determinato modello di stringata è da uomo o donna; dove determinati tessuti non possono e non devono essere utilizzati per la moda maschile. 
Ricordo mia madre che mi dice "ma quel pantalone ha l'ala iattura da donna.. È un pantalone da donna!! Non vorrai metterlo?!?" 
Io personalmente non credo in tutta questa standardizzazione,non credo sia il modo sano di vivere. 
I vestiti lì vedo come opere d'arte da abbinare e mettere. Non hanno un sesso, non hanno un'identità di genere. Sono opere d'arte, asessuate o, se proprio volete dargli un sesso o un'orientamento sessuale, potemmo definirle ermafrodite o bisessuali. 
Non è la superficialità il motore immobile o la causa i causata della mia ricerca, del mio modo di apparire, ma è la ricerca di un modo di essere diverso, come mi sento io, che mi porta ad indossare liberamente capi da uomo e da donna insieme o ad indossare scarpe ricercate, particolari o indossare particolarissime fantasie. Alla ricerca poi, si affianca il buon gusto. Unica cosa che mi hanno sempre accusato d'avere, giustamente. 
Per le mie idee, ancora di più per questa maschera di superficialità che mi hanno sempre cucito addosso gli altri, che mi sono sempre sentito rimproverare quanto non sia una persona normale, quanto risulti altisonante ed egocentrico, quanto risultassi diverso. 
Diverso, questo termine credo risulti essere il secondo nodo della questione, del mio modo iconoclasta di vivere. 
Oggi ovunque ti giri, c'è sempre qualcuno che rifugge l'oscuro spettro della diversità. 
Oggi, viviamo in un mondo dove sembra si debba essere tutti uguali, tutti conformati a una sola linea di idee, di modelli, di gusti, di normalità. 
Trovo questo un modo di vivere, non solo limitante, ma a acrostico, un modo di tornare indietro di secoli. 
Se non sei come gli altri, sei un'outsider, un tagliato fuori, uno che non merita di avere, ad esempio, gli stessi diritti degli altri. 
Io credo, invece, che il mondo di oggi si basì sulla diversità che tutti rifuggono. 
Dire che siamo tutti uguali, credo sia il peggior crimine che si possa commettere, anzi, trovo ancora peggiore definirei uguale a tutti gli altri. 
Il progresso è dato proprio dalla diversità, dalla marca differenze di idee tra individui.
Se fossimo tutti uguali, tutti conformati l'uno all'altro, non si potrebbe andare avanti. Le idee non sarebbero molteplici, le idee si ridurrebbero ad una sola e le cose non cambierebbero mai. 
Per come la vedo io, solo attraverso la diversità si può giungere ad una sintesi e, quindi ad un cambiamento. 
Io personalmente, sulla base del mio modo di pensare, preferisco vivere così, iconoclasticamente, che conformato ad un mondo che non mi appartiene. 
Preferisco essere diverso e sbandierarono col mio modo di vestire ed essere, che diventare uno dei tutti uguali misero prodotti di una società volta alla massificazione. 

lunedì 17 marzo 2014

• ÜBERMENSCH •

15 Marzo 2014. 

Sabato, sveglia alle sei e dieci come sempre... Vestiti da mettere pronti sulla scrivania dalla sera prima; ovviamente, appena svegliato, li ho presi e rimessi nell'armadio. 
Mi capita raramente di mettere quello che scelgo la sera prima, appena sveglio cambio idea, in base al mio umore. 
In base a quello che mi passa per la testa la notte precedente, mentre mi addormento. 
Ieri sera è stata una bella serata, forse una delle più belle da quando io e Lui abbiamo iniziato ad uscire insieme, il 30 di Dicembre, tra mille dubbi, tra mille paure, tra mille crisi. Non è stata una serata particolare, eravamo io e lui, in un locale sui navigli, il Rhabar... Un locale lesbo a dire il vero. 
Se qualcuno mi chiedesse una definizione per tal tipologia di locale non ci penserei su più di tanto.... Un locale dove qualsiasi ragazzo di questo secolo, con un minimo di gusto, finocchio o etero che sia, si sente più donna di qualsiasi altro essere pensante nella sala. 
È stata una serata semplice, io e Lui, a ridere e scherzare, senza pensieri. 
I pensieri sono arrivati dopo, quando a mezza notte e mezza sono entrato in casa, quando ho trovato la borsa sulla scrivania, con i libri di filosofia accanto. 
Sono uscito di fretta, cercando di capire quanto freddo o caldo facesse fuori. Alla fine ho optato per abbandonare sul letto il cappotto indossato ieri sera... Ho messo un trench borchiato, nero, piuttosto sobrio lasciando perdere le 150 borchie che vi sono applicate. 
Alla fine l'interrogazione di filosofia è andata bene, sarà che mi piace moltissimo come materia. Permette alle menti di pensare, di aprire nuovi orizzonti, di lasciarsi il mondo alle spalle per cacciarsi in modi e speculazioni sulla vita, alla mia per lo meno. 
Nietzsche. 
Una vita passata a scrivere, a pensare, a mettere idee su carta, per cadere nel tenebroso oblio della follia. 
Credo sia uno degli autori che nel corso degli anni mi ha affascinato e mi affascina di più. 
Quella sua tipica concezione della vita come caos, come dolore. 
Forse, è l'idea di Oltre Uomo che più mi piace; l'idea di colui che, passando per i vicoli più buii della vita, si fa carico dell'omicidio di Dio, ne elabora il lutto e, in modo quasi eroico, accetta e fa suo il SI orgiastico alla vita. 
Penso spesso a quell'idea, così affascinante di uomo, che alle spalle ha Shopenauer e la sua idea di vita, di vita come pendolo che oscilla tra noia e dolore. 
La filosofia apre la mente. 
Penso a quell'idea di vita fatta di caos, di noia, di dolore. 
Caos, uguale dolore. Personalmente, non credo. 
A me il caos è sempre piaciuto. 
Mi sono sempre trovato bene a dividermi tra una cosa e l'altra. 
Ho sempre amati avere una vita incasinata, con mille cose da fare. 
Personalmente, caos uguale piacere e, se il piacere è la soddisfazione immediata di un desiderio, allora ammetto di aver bisogno, ogni momento della mia vita di avere qualcosa da fare, di dove scegliere tra un'impegno e l'altro. 
Personalmente, dolore uguale esseri viventi, pensanti, umani. 
Probabilmente risento dell'influenza di Sartre o, più semplicemente, risento di tutte le cicatrici che mi sono state fatte, di tutte le pugnalate che mi sono state date, di tutte le volte che hanno buttato via il mio cuore, in pezzi, come fosse un foglietto troppo usato. 
Credo siano proprio le persone a fare del male agli altri, anche inconsciamente. 
La mia vita è stato un'infiniti susseguirsi di persone, l'una dietro l'altra, come capitoli di un libro. 
Le persone che sento e vedo ora, incominciano anche loro ad annoiarmi. 
Oggi al classico caffè, si chiacchierava... Nella mia testa le loro parole non erano altro che un confuso e silenzioso mix di bla bla bla bla. 
Credo che il punto cruciale sia proprio questo. 
Le persone, non ti provocano dolore volontariamente, non tutte per lo meno, ma inconsciamente si rivelano per quello che sono... Ipocriti e falsi. A quel punto, ti rendi conto di quanto vuote siano, di cosa di possono dare... Nulla. 
Una persona, per due anni sparisce, perché si è fidanzata, perché ha spezzato il cuore a uno di "noi".
Quando è sparita, io ho capito molte cose di lei..quanto fosse bambina, quanto fosse egoista, quanto amasse usare le persone per sentirsi al centro dell'attenzione. 
Due anni, durante i quali, dolcissime parole di disprezzo nei suoi confronti sono uscite dalla bocca di tutti. 
Forse, l'unica che ha detto poco, è stata sua cugina. 
Ma lei, forse è quella più marcia di tutti, per citare  una mia cara amica. 
È la classica ragazza bella, viziata, che ama sentirsi corteggiata, essere al centro dell'attenzione. 
Se non ottiene ciò che vuole, il risultato, è che, pur avendo 22 anni, si chiude in bagno a piangere, tiene il muso, frigna come una stupida bambina. 
Il risultato è che, le due cugine, nonostante per due anni siano state assenti, ora sono di nuovo qui e tutti, falsi e ipocriti, fanno finta di nulla... Sono di nuovo amici per la pelle. 
Poi c'è il ragazzo a cui è stato spezzato il cuore... Intelligente, preso a piccolissime gocce simpatico, ma assolutamente superficiale. 
Ad oggi, si circonda delle cugine... Sa Quanto false siano, sa Quanto siano marce... "Ma sono di bella presenza." 
Credo che, questo comportamento sia tra i peggiori... 
Nella vita non esiste solo le presenza, la bellezza, quella umana, è fittizia, mistificatrice. Negli anni, muore e si spegne... In certi casi, si spegne con un "ERA ORA!!" generale in sottofondo. 
Sono il tipico ragazzo, io, che ama circondarsi di persone belle, non solo esteticamente però. 
Amo i rapporti con persone che siano ricche di cose a me nuove, che possano darmi tanto, caratterialmente e intellettualmente parlando. 
Devono sapermi dare quel qualcosa in più che mi manca. 
Soprattutto, devono essere capaci di non annoiarmi. 
La noia, è uno spettro che si aggira sempre nella vita dell'uomo o, comunque, nella mia. 
Trovo noioso, pateticamente noiso, che arrivati a 20 22 anni, il massimo divertimento di un gruppo di giovani sia andare a ballare, nella stessa discoteca che frequentano da quando hanno 15 anni, in mezzo a soli 16enni. 
Sarò io strano, ma nella vita penso che ci siano cose che mi possono fare di più, che li annoino meno di un gruppo di ventenni ubriachi che ballano in mezzo a dei bambini. 
Io potrò sembrare anomalo, a ognuno il suo giudizio, ma credo che una mostra d'arte, un museo, un buon film i una semplice cena a base di ottime chiacchere, che non siano parole vuote come l'aria, siano meglio di tutta quelle banalità. 
Una domenica pomeriggio, passata a chiaccherare d'arte con gli organizzatori dell'ultimo vernissage ma cui hai partecipato, sia meglio di un caffè con una donna, anzi bambina, che su lamenta che le sue scarpe hanno una forma strana. Questo per due ragioni di motivi: il primo, semplice, le scarpe in questione non hanno una forma strana, sono proprio orribili, degli aborti; il secondo, semplice, perché un pomeriggio come quello non mi lascia nulla... Forse, un sapore amato in bocca per non aver detto a quella ragazza di tacere. 
ÜBERMENSCH... L'Oltre Uomo, non è colui che ha affrontato il dolore, ma colui che ogni giorno, ora dopo ora, sopporta gli altri esseri umani e decide che, comunque sia, c'è sempre qualcuno o qualcosa che, prima o poi, gli faccia nascere la voglia di non fermarsi solo per cena, ma anche per il caffè, per la vita o per sempre, se avesse davvero un significato questa mera parola... 


martedì 11 marzo 2014

Day Hospital.

11 Marzo 2014. 

Un martedì, per molte persone un giorno come altri. Sveglia, di corsa fuori di casa, lavoro e via discorrendo. 
Per me è stato un classico martedì ospedaliero, fatto di code, buchi nelle braccia e il conforto di un luogo, grande e complicato, che nel corso di questi due anni è diventato una seconda casa o, alcuni giorni, una casa e basta. 
Camminare per i corridoi, nella loro intricata struttura, mi fa sentire bene. 
Li so come funzionano le cose, so dove sono i vari reparti, conosco praticamente mezzo ospedale.... O, per lo meno, loro conoscono me. 
Al CUP, mentre prenotavo l'appuntamento con la neurologa, la segreteria mi ha fatto notare quanto sia cambiato negli ultimi due anni. 
Quanto il mio visino snello ed efebico, sia radicalmente cambiato, pur rimanendo lo stesso. 
Quanto, mentre tutta la mia vita veniva radicalmente distrutta dall'incontro con Anni, io sia rimasto lo stesso ragazzo, sempre in tiro pur essendo in ospedale, sempre diva dietro i miei occhiali da sole. 
Io non ricordo lei, quasi per nulla, vedo talmente tante persone diverse in ospedale. 
Il San Jerry, poi mi fa sempre pensare. 
È intitolato a San Gerardo, e fino a qui nessun problema, sono tante le aziende pspedaliere intitolate a tali personaggi mitologici e simili. 
Ha una cappella, circolare... Con un leggero sviluppo verso l'alto, e anche qui nessun problema, se non si tiene in considerazione il fatto che si chiami CAPPELLA. È una parola che mi piace, suona molto bene, ha un'ottima vocalità, però c'è da dire che, presa da sola la parola, è piuttosto equivoca.... 
"LA CAPPELLA... LA CAPPELLA..." 
Non credo che tutti penserebbero ad un luogo di ritrovo religioso o, poco probabile, sono io troppo malizioso. 
Ogni tanto in giro per l'ospedale ci sono suore e suorine varie, le quali, se non cercano di fare inutile proselitismo, trovo molto piacevoli.... Sarà che sono stato, in parte, cresciuto da suore. 
Ma la cosa che più mi fa pensare è il personale maschile. 
In un luogo così legato al mondo religioso, la presenza di cule è allucinante. 
Non credo di essere mai uscito con così tanti ragazzi, come dall'incontro con Anni... Tutti dottori, specializzandi infermieri, annestesisti e così via. 
Mi fa sempre sorridere la cosa, specialmente pensando al mio percorso. 
Dopo il coma, ho dovuto imparare a camminare, bere, mangiare... Il tutto seguito da un giovane fisioterapista. 
Ricordo quando mi faceva fare gli esercizi da sdraiato o seduto. Mi prendeva per le gambe, mi toccava le cosce, mi reggeva in piedi. 
Ora, al pensiero che quel ragazzo è una cula, certo molto carina, ma comunque una cula, mi viene molto da ridere. 
Più che ospedale San Uerry, dovrebbero chiamarlo ospedale GayFriendly. 
Trovo molto interessante questa cosa. 
Nell'immaginario coquski mune, sentendo quello che dicono in giro, essere omosessuali significa essere travestiti, parrucchieri e shampiste. 
Quali banalità, quali etichette, quale ristrettezza di vedute. 
Penso al mondo, al mio mondo, quello di cui faccio parte, quello estraneo alla maggior parte degli adolescenti o degli esseri umani in generale. 
Probabilnente pensare mi fa male alla salute. 
Vedo ipocrisia, ipocrisia ovunque.
Arcigay, forse, la più importante associazione gay in Italia. 
Penso che chiunque non la conosca, pensi sia stata for data da un qualunque attivista gay... Si può dire che sia anche così. 
Don Marco Bisceglia, uomo, cattolico, ecclesiastico... Un gesuita, fondatore della comunità del Sacro Cuore di Lovello. 
Viene lanciato alla ribalta, dai giornali, e non per la fondazione della comunità, come si potrebbe pensare. 
Viene accusato, assolutamente ingiustamente, di aver celebrato il primo matrimonio omosessuale in Italia. 
Viene sospeso a divinis dalla santissima chiesa di Roma. 
Inizia a questo punto la sua vita politica accanto all'amicizia con Nichi Vendola, il coming out e  la partecipazione alla fondazione di Arcigay. 
La sua finisce poi nel silenzio, sotto la buia ala della chiesa. 
Qui sta l'ipocrisia. 
L'accusa, pur essendo infondata, non aveva gran senso d'esistere.... Anzi. 
Età paleocristiana, i matrimoni, cattolici, fra cule erano all'ordine del giorno; la documentazione a riguardo è infinita. 
'800, considerata dai più un'epica bigotta e retrograda. Mugello, Toscana, abbiamo un gran numero di documenti che testimoniano varie celebrazioni di matrimoni fra persone dello stesso sesso. Anche in questo caso, matrimoni cattolici. 
Bah... Adesso essere cule è considerato una malattia dalla chiesa, e questo è inopinabile. È inopibile se si prendono in mano i documenti ufficiali della chiesa di Roma, come «Lettera per la cura pastorale dell'omosessualità»
Quali ipocrisie, quali banalità, quali sciocchezze. 
Trovo divertente il mondo, così ristretto, dentro il suo banale castello mentale fatto di menzogne e scheletri nell'armadio. 
Guardando ai miei amici, molto di destra e berlusconiani convinti, non posso far altro che pensare al 2007. 
Berlusconi, Fini e Casini si autoproclamarono «difensori della famiglia tradizionale», innaugurando il primo family day, che non a caso scrivo con la lettera minuscola. 
Il cavigliere, due divorzi alle spalle, attualmente fidanzati con una 28enne, accusato di prostituzione minorile e concussione. 
Fini, conosciuto personalmente in Honduras, dove abbiamo fatto parecchie immersioni insieme. Un divorzio alle spalle e due figlie bastarde al seguito. 
Casini, fortunatamente, solo un divorzio da dichiarare. 
Insomma, tutti e tre, i classici esponenti della famiglia tradizionale. 
Del resto, in Italia, non si è mai sentito nessuno dire che ai finocchi non può essere concesso il matrimonio poiché, tra le altre cose, molti sono adulteri, perché non rappresentano la classica e moralissima scelta di vita tradizionale.... A questo punto c'è da chiedersi se morale e tradizione comprendano un numero di mogli quasi degne di Enrico VIII è un buon numero di figli o figlie, per usare un vocabolo degno della Bibbia, bastardi o bastarde. 
Non so, cammino per i corridoi e penso a tutte queste cose... La domanda che mi pongo e che pongo a quei pochi che leggono le mie follie, come può definirsi questo mondo? 





sabato 8 marzo 2014

Fuori dal coro

8 Marzo 2014. 

Dopo giorni, troppi giorni, è tornato a splendere il sole su questa terra desolata. 
Iniziava davvero a mancarmi il suo caldo tocco sulla pelle. 
È meravigliosa questa primavera in anticipo... Un pò come mi sento io. 
Nella mia testolina bacata immagino di scrivere una pagina di diario. 
"Caro diaro, oggi sono favoloso..." 
Sarebbe l'incipit ideale. 
"Caro diario, sono passati cinque minuti e sono più favoloso di prima.." 
Seguirebbe così. 
Inizio a chiedermi se ho qualche problema mentale... Ma non importa poi così tanto, ho sempre dato per scontato di essere diverso. 
Ho sempre goduto della mia diversità, del fatto che la massa sia sempre qualcosa da cui mi distinguo. 
La mia professoressa di inglese mi ripete ogni giorno quanto io sia DANDY... A dire il vero non mi sento tale. 
Anzi, trovo quasi un'insulto essere definito tale. Ho sempre trovato le etichette qualcosa di futile, limitante. 
Non credo nell'idea che ci si debba vestire e comportare in un determinato modo per shokkare gli altri esseri umani. 
Trovo che il mondo del fashion, del buon gusto, debba essere uno slancio naturale dell'animo umano. 
Credo che la moda, debba essere una naturale espressione del nostro animo.
Credo che quel l'inutile etichetta, quella di DANDY, sia solo un modo come tanti di dire che una persona, me stesso, sia esattamente in un modo, determinato, semplice, studiabile e conoscibile fino in fondo. 
Oggi in questo modo, domani nello stesso. 
Come se fossimo immutabili, tutti quanti, dentro le sicure pareti di una maschera. 
Come se fosse riducibile a tale semplicità la caleidoscopica vita umana. 
Però gli esseri umani ci provano. 
Provano sempre a semplificare le cose difficili, che sono belle in quanto tali. 
Creano immagini, riti, definizioni, limiti dentro cui essere parte del coro. Se sei fuori da quei limiti, sei fuori dal coro, sei diverso, hai perso la retta via, o la fede qualsivoglia. 
Gli esseri umani si creano l'immagine di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Di ciò che è dentro e fuori dal coro. 
Allo stesso modo, creano l'immagine di dio, l'immagine di un dio buono, di un dio padre e persona. 
Creano quel dio, per giustificare questa mera separazione. 
Creano quel dio, guardandosi allo specchio, guardando la propria immagine riflessa, estraniandola dal mondo, innalzandola a divinità, rendendola il limite stesso della loro vita. 
Quello stesso dio, creato per dare giustizia, rettitudine e ordine al mondo, è usato per reprimere, seviziare e perseguitare coloro che decidono di non credere. Di non credere in quelle tanto fallaci, quanto moralistiche regole da quattro soldi.... Tanto vere, quanto una brutta borsa falsata. 
Il mio pensiero è fisso li in questa giornata di sole. 
Mi guardo allo specchio e penso quanto, narcisisticamente, mi teputi favoloso. 
Guardo gli altri, abbracciati dai loro abiti di dubbio gusto estetico, nascosti dietro ad alti muri di pregiudizi religiosi, sociali, politici, e mi chiedo con quale criterio qualcuno abbia avuto il coraggio di decidere per tutti. Con quale coraggio, tutti gli altri, abbiano deciso di andar dietro a quell'uno scellerato. 
Penso a tutto ciò che mi circonda... A quelle nefandezze che accadono qui, dietro l'angolo. A tutte quelle cose che secondo tanti, «non mi riguardano, poiché non sono successe a me...», «è giusto che accada, perché quelle persone sono contro natura...»
Penso alla notte di capodanno.
Un ragazzo, appena trentenne, picchiato e derubato. Solo l'altro ieri sono stati presi i criminali. 
«Si siamo stati noi ad aggredire quel giovane, eravamo ubriachi. Ci dava fastidio il fatto che fosse gay e l'abbiamo voluto punire»
Sono quelle le parole con cui, i tre ventenni, hanno confessato l'accaduto a distanza di più di due mesi.
Nonostante tutto, sono tutt'ora a piede libero, incensurati.... Come se non avessero picchiato nessuno, come se non avessero rubato, tra le altre cose, un'automobile. 
Mi capita spesso, con la naturalezza con la quale si dice una cosa banale e scontata, di ammettere quanto mi ribrezzi il genere umano, quanta pena provi per gli altri, indistintamente. 
La reazione comune, davanti a quelle sentite parole, è quella di guardarmi come se fossi una persona narcisista, piena di me, che si crede superiore a tutto e a tutti... Forse hanno anche ragione in parte. 
Personalmente, penso a quelle parole, come tante altre prima se ne sono sentite davanti a situazioni simili. 
Mi provocano una strana sensazione. 
È per colpa di esseri come quei tre che parlo in quel modo. 
Siamo in Italia, il Bel Paese. Il paese in cui, siamo tutti uguali finché non siamo finocchi, o stranieri. 
Se un ragazzo gay viene picchiato e i fautori del delitto, perché così mi viene di chiamarlo, vengono scoperti... Non accade nulla. 
Se un prete stupra un bambino, il tutto cade nel silenzio e la famiglia del bimbo viene accusata dai compaesani di aver finto tutto per ottenere danaro. 
Se uno straniero stupra un bambino, manca poco che si proclama lutto nazionale e, in poche ore, tutte le persone non italiane diventano criminali stupratori. 
Viviamo in un paese laico in cui, la chiesa, ha più voce in capitolo, su qualsiasi cosa, del popolo italiano. 
Viviamo in un paese in cui, voci di psicopatici, chiedono di trasportare le leggi putiniane contro la propaganda gay e i modus operandi, ad essa connessi, di reprimerne ogni espressione "contro natura"... Del resto, non vi è paese più democratico, di quello in cui non si ha la possibilità di essere se stessi. 
Viviamo in un paese dove su canale cinque si possono vedere le peggio zoccole, le peggio porcherie, ma un bacio omosessuale in seconda serata viene censurato. 
Viviamo in un paese in cui la Bibbia è considerata, dai più, diretta parola di dio... Come se non fosse stata scritta da uomini, come se non fosse stata creata e messa insieme da un conciliabolo di cattolici... Come se non fossero stati scartati tanti libri, candidati a buon diritto a farne parte, perché a quel conciliabolo non piacevano. 
Viviamo in un paese dove, essere froci è contro natura perché lo dice la Chiesa, la Santa Chiesa di Roma. Perché lo dice il verbo che viene dai palazzi Vaticani, sede della più grande sauna gay d'Europa. 
Mi guardo allo specchio, come facciamo tutti del resto, e non vedo l'immagine di una delle tante pecore belanti figlia di un qualunque dio, riflesso di un qualunque uomo in pieno delirio di onnipotenza. 
In quello specchio, in quel bellissimo pezzo di vetro, non vedo altro che me stesso. 
Non vedo altro che il mio bellissimo smanicato da biker in pelle, il meraviglioso foulard di McQueen avorio in pizzo stampato su seta, i pantaloni Skinny neri, le stringate inglesi in cuoio o il meraviglioso maglione in cotone traforato che lascia intravedere la pelle del mio torace. 
Non vedo altro. 
Vedo me stesso, un'individuo tanto particolare, quanto fuori dal coro. 
Mi chiedo, guardandomi, come potrebbe esistere davvero un dio, davanti a tante cose orribili; davanti a tanta disumanità che regna sovrana tra gli esseri umani. 
Mi chiedo come possano usarsi parole con tanta facilità, pur essendo il sintomo di un'umanità  ormai perduta... Se mai la si è posseduta ovvio. 
Mi chiedo come si possa definire democrazia il sistema politico di un tanto malato e corrotto paese. 
Mi chiedo come si possa parlare di un dio, qualunque esso sia, quando lo si usa solo per spargere odio, repressione e disumanità. 

lunedì 3 marzo 2014

Nuovi pensieri, un nuovo inizio

3 Marzo 2014 

Guardo fuori dalla finestra, immensi spazi si aprono nella mia mente... Campi soleggiati, cieli celesti senza nuvole. Immaginazione, nulla più. 
Fuori piove, a dirotto, come non ci fosse un domani. 
Sembra davvero la fine di questo desolato e triste mondo. 
Sembra la fine di questo triste pendolo, che oscilla tra noia e dolore. 
Studio una banale lezione di matematica, materia inutile. Più cerco di capirla, più mi sento stupido. Più studio, meno capisco e il caos della mia mente aumenta esponenzialmente di un numero infinitamente grande. 
È così strano scrivere qui, vergare nere parole su queste giallognole pagine che non mi appartengono. 
Sulla prima pagina, prima di addentrarsi in questo labirinto di inchiostro, c'è scritto il nome della proprietaria. 
Annina... Quel nome, lo sento tuonare nella mia mente.  
Mi è dolce naufragare nei ricordi del breve ed intenso periodo passato insieme. 
Mi chiedo dove possa essere quella ragazza. La mia sola ragazza. 
L'unica donna della mia vita, del resto trovarne un'altra sarebbe tragico. 
Ci sarebbero troppi problemi tecnici. 
Ci sarebbe una mancanza troppo grande, o troppo piccola in alcuni casi, per funzionare.
Ultima pagina scritta. 
Poche parole dolci e malinconiche stonano nella prefazione della pagina per lo più intonsa. 
Il vuoto ha una sua innocente perfezione che quasi mai viene capita. 
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Certamente,nella noia di chi sà quando, troverai questo scuro diario... Dopotutto, appartiene più a te che a me. Continualo te... 

Con amore.
Annina
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Dire che non sono poi così certo se farlo davvero o meno è inutile... Ormai sto scrivendo.
Sarebbe sciocco pensare che non lo farò. Omai è troppo tardi.
Generalmente mi capita di essere preso da impulsive e compulsive manie scrittorie deliranti.
Mi capita di essere preso da chissà quale flusso di pensieri che mi ritrovo a mettere per iscritto non so nemmeno perché. 
Ci metto sempre un po' a tendermi conto di avere la penna in mano e che non sto solo pensando. Scrivo e, nel durante, dico ad alta voce quello che andrà a finire si carta. 
Mi sento sempre un po' folle a parlare da solo... Specialmente se non mi rendo conto che mentre parlo, scrivo. 
L'apice della follia è quando, anziché scrivete da sinistra verso destra, mi ritrovo a scrivere da destra verso sinistra. 
In quei momenti sento un versetto della Bibbia irrompere prorompente nella mia testa «La mente del saggio va verso destra...» 
Ora come ora, non ricordo da quale libro sia preso.... Forse, dalle Ecclesiastes. 
Insomma, sono dannato per la SANTISSIMA SEDE. 
Eretico e folle, due aggettivi che direi mi calzano a pennello! 
È anche vero che, in ventun'anni di vita, non ho mai avuto grande speranza di avere la cattolica approvazione. 
Sarà per l'omosessualità da cui non mi allontano mai.... Sarà che la leucemia mi è bastata e non ho voglia di ammalarmi anche di eterosessualità. 
Che cosa di cattivo gusto diventare un'invertito eterosessuale.
In questo momenti di riflessione, sulla mia identità di genere, mi manca Anna... 
Quando stavo con lei, essere un'invertito eterosessuale era una cosa normale. Sarà che, probabilmente, nient'altro era che la malata e rara proiezione mentale di un'altrettanta malata e rara malattia. 
Ormai pensare a lei, dopo aver trovato questa raccolta di reali racconti, mi fa pensare alla scrittura. 
È sempre stato un raro hobbye per me. 
È sempre stato un raro modo di sfogarmi in tempi duri, in periodi oscuri della mia vita... A volte a causa di cadaveri e fantasmi, a volte a causa di rare malattie, a volte a causa di portatori mentalmente instabili di pene e, altre volte ancora, a causa di una totale indecisione su quali scarpe comprare. 
Un diario normale, si chiederebbe oggi che mai sarà successo per portarmi a scrivere tali follie senza né capo né coda.  
Sono della convinzione che come l'arte, la vita sia piena di cose quite uselesse; e che la vita stessa sia la più alta forma di arte, fatta di scelte tra la possibilità di essere e di non essere , fatta di eccessi, fatta di buon gusto, fatta di cose amazing. 
Una vita, per essere degna di essere definita tale, deve essere dedicata a cose complicate e ,se così non fosse, non vivremmo di eccessi. 
Certo, cose complicate... Così come di persone complicate. 
Ci si sente dire che si hanno pensieri, si passano serate insieme a quelle persone, l'una difronte all'altra, senza scambiare  una singola parola. 
Perché quei pensieri, che gli occupano la mente, per quanto lui dica il contrario, ti riguardano. 
E a te, in quel rumoroso silenzio, nel mezzo di un'affollato ristorante in centro a Milano, non è concesso di sapere se quei pensieri, quei dubbi siano in generale su voi due, su quello che state condidendo, o solo sul fatto che forse stai correndo troppo. 
Però lui ti piace, alla follia, forse perché è il primo che, in parte con la sua umiltà e timidezza, riesce a farti sentire adeguato, riesce a farti stare bene. 
Ti piace al punto, che riesci a star bene anche nel silenzio, in mezzo alle cose non dette, per lasciargli il tempo di riuscire a parlare. 
Per dargli il tempo, forse di chiudere, forse di chiederti scusa, forse semplicemente di andare avanti. 
Scrivere, forse, me lo hanno ispirati i mie celesti capelli, colorati in quel modo in un'attimo di non so cosa. 
E, quindi, siamo qui. 
Primo giorno, primo flusso di pensieri, prime parole che segnano un nuovo inizio.