mercoledì 7 agosto 2013

Caldo agosto

Sdraiata, sugli scogli, duri, solitari, immensi. 
Mi sento a casa qui, nonostante il caldo sole di agosto bruci lento sulla mia lattea pelle. Sulla mia pelle bianca. 
Guardo il mare, esteso, azzurro, così calmo, nonostante si scagli con forza contro le frastagliate rocce scure. 
Narciso, già abbronzato, ascolta The Show Must Go On, del Moulin Rouge, sdraiato accanto a me. 
Siamo qui, nella calda ed assolata Sardinia da ormai una settimana, in questo esilio autoimposto. 
Dopo quasi due settimane riesco a vedere un briciolo di serenità nel perenne sguardo deluso di Narciso. 
Il ricordo di Stefano, ne sono certa, inizia a farsi piano piano sempre più invisibile nella lucida mente di Narciso. 
Davvero non capisco. 
Del resto io sono invisibile e conosco poco e niente del mondo umano. Eppure, più conosco quel mondo, più ne sono disgustata. 
Gli esseri umani, non dovrebbero essere considerati tali. 
Si auto definiscono la razza più evoluta sulla terra, ma sono solo un branco di ammassi cellulari egoisti e malvagi. 
Stefano, quello tutto d'un pezzo, che voleva dichiararsi e spaccare il mondo per il mio piccolo leucemico, è sparito dopo pochi giorni, come tutti del resto... 

"Sei troppo complicato, non sono capace di starti dietro..." 

Una frase detta e stradetta a Narciso. 
Come al solito, rimaniamo solo io e lui, al sole, o quasi insomma. 
Il giorno prima di partire Narciso ha incontrato il Fotografo, sono usciti anche la sera stessa e da allora si sentono tutti i giorni... Mi piace guardare il suo viso mentre gli scrive o gli parla al telefono. È sempre così rilassato. 
Gli squilla il telefono. Gli si illuminano gli occhi, leggendo solo il nome del mittente. 
Il Fotografo 
___________________________________
Da: D 
A: Narciso 
Ciao vacanziero, come va oggi la giornata? 

___________________________________
Da: Narciso 
A: D 
Spiaggia sole mare.... Tanto sole e tanto mare!! ADORO *_*

Hanno messaggiato per un'ora buona, scandita dall'iPhone che vibrava, il sorriso smagliante di Narciso e qualche foto scattata qua e la! 
Si alza e senza dare nessun segnale si butta da uno scoglio, il più alto che riesci a vedere. 
Il volo dura solo qualche secondo, poi... PUFF 
Vedo l'impatto con l'acqua e Narciso scompare sotto l'acqua fredda del mare. 
Riemerge dall'acqua piuttosto lontano da dove si è buttato. Incomincia a nuotare, verso il nulla, come se stia cercando di sfogare qualcosa di represso. Qualcosa che credo si possa identificare con la rabbia o la a frustrazione 
Io riesco dall'acqua. 
Non capisco questo improvviso cambio d'umore, avvenuto dal nulla. 
Mi asciugo in fretta e prendo in mano il suo telefono. La chat aperta è ancora quella col fotografo. 
Incominciò a leggere gli ultimi due messaggi. 

___________________________________
Da: D
A: Narciso 
 Eh storia lunga.. "Uomini"
E poi sono incasinato col lavoro 

______________________________________
Da: Narciso 
A: D 
Ah... E come sempre tu non ne vuoi parlare con me... Okei!
Ci sentiamo dopo, vado a fare il bagno. Al sole si muore dal caldo! 

Ecco spiegato il tutto. 
Come al solito il giovine, si è chiuso a riccio, puntando i suoi aculei verso il mondo, verso Narciso che cerca di capire qualcosa di lui. 
Riesce dall'acqua poco dopo di me, si asciuga la pelle abbronzata col suo asciugamano giallo, frettolosamente, neanche avesse qualcuno che gli corre dietro... Forse è in ritardo per il pranzo, quello a cui tutti i giorni la ragazza invisibile, la sottoscritta, non è invitata! 
So riveste, indossa la maglietta scollata blu, toglie il costumino da piscina per infilarsi degli aderenti shorts bianchi e mette un giacchino smanicato in jeans, borchiato.
Si infila le cuffie. Non capisci se sia al telefono con qualcuno o se stia pensando a D alta voce... Voce troppo alta! 
"Ecco, l'ennesimo ragazzo che mi tratta da amico e basta... Fanculo! Io faccio spallucce!!" 




lunedì 15 luglio 2013

•366•

Non ho idea di che ora sia, so solo che una dannata sveglia, con quel suo suono trillante, che ti entra nelle orecchie, sta disturbando i mio sonno. 
Mi alzo, completamente rimbambita e ancora trasudante di sonno, per spegnere quell'aggeggio infernale. 
Mentre mi avvicino alla scrivania, mi guardo in giro, per capire dove sono, per capire se qualche anima pia è qui con me. 
Non c'è nessuno nella stanza da letto, nemmeno Narciso, mi chiedo dove sia. Sono appena le nove del mattino, il suo cellulare è sulla scrivania, di sicuro non è ancora uscito. Sento il rumore dell'aspirapolvere al piano di sopra; dire che è fastidiosa è un'eufemismo. 
Rimetterai a dormire non è più un'opzione. 
Mi vesto di fretta, indossando le prime cose che mi capitano in mano. 
Sono curiosa di capire dove e cosa stia facendo Narciso a quest'ora del mattino visto che ieri non è tornato a casa prima delle due e mezza. 
Salgo le scale, piano, con calma, tanto, almeno in teoria, non mi corre dietro nessuno e se lo facesse... I DON'T CARE!! 
Al piano terra c'è solo la donna delle pulizie, un'indaffarata donnina dalla pelle scura e dai capelli neri... Una comunissima e simpatica peruviana di cui non ricordo minimamente il nome. Sarà perché non ci ho mai parlato. Sarà che non si è mai accort della mia presenza in questa casa, troppo grande per una ragazza bella ed invisibile, troppo perfetta per farti sentire il cappio della solitudine intorno al collo. 
Eccolo. 
Sono in giardino, con la mano destra mi copro gli occhi dalla luce troppo forte del sole, per riuscire a vedere cosa stia facendo il ragazzo dai capelli corvini davanti a me, tesoro proibito della mia silenziosa caccia mattutina. 
Ha la testa leggermente inclinata, per osservare bene il foglio davanti ai suoi occhi. 
Mi avvicino, totalmente inosservata come sempre ormai. 
Sul tavolo, attorno al foglio, ci sono sparsi pennelli, pezzi di carboncino, bicchieri pieni di acqua colorata e una scatola di acquerelli. 
Sul foglio, vi è uno sfondo dai colori molto accesi, chiaramente fatto ad acquerello, e, al centro, un viso, appena abbozzato, dai tratti maschili, leggermente efebici, dalle proporzioni strane, come se fosse disegnato in quel modo apposta. Sicuramente lo è, ma non ne comprendo il motivo. Vorrei essere nella testa di Narciso adesso, per capire il perché della strana opera appena conclusa. 

"Narciso, io mi cambio e vado..." 

Sento urlare la donna delle pulizie alle mie spalle. 
Non ho idea da quanto tempo stia osservando Narciso e'il suo enigmatico lavoro. Mi sembra un secondo, ma deve essere da molto visto che la donna delle pulizie non stacca mai prima delle undici.

"Va bene Betty, ci vediamo domani... Chiudi a chiave quando esci. Grazie!"

Gli risponde a sua volta con un sorriso sul volto. 
Mi giro e la guardo volatilizzarsi dentro casa. Qualche attimo di silenzio e sento la porta di entrata chiudersi dietro di lei. 

"Okei... Mi devo lavare e vestire...." 

Sussurra Narciso, presuppongo a se stesso, mentre si allontana dal tavolo sotto il gazebo, lasciando tutto li... Colori, pennelli, disegno, tutto. 
Lo seguo in bagno, senza perdere tempo si sveste, mostrando il suo corpo in tutta la sua magrezza, si butta sotto la doccia. 
Mezz'ora ed è pronto, vestito, con i capelli ricci e corvini ancora bagnati. 
Tiene stretto in mano il cellulare, vibra. Sembra titubare sul rispondere o meno. 

"Dimmi!"

Lo vedo sorridere mentre risponde col viva voce del cellulare attivato. 

"Sono qua." 

La chiamata si chiude subito, senza che Narciso possa aggiungere altro, mentre Inserisce la chiave nella porta chiusa dietro di me. 
Grazie a dio, mi sono vestita pure io... A quanto pare, si esce adesso. 
Cammina piano lungo il vialetto, a volte è davvero imbarazzante il modo accentuato con cui sculetta, nonostante lo faccia per ironizzare su se stesso, come fosse l'attore protagonista della commedia teatrale che è la sua vita. 
Davanti a casa c'è parcheggiata una macchina nera, non ne sono certa vista la mia ignoranza in materia automobilistica, ma credo sia una Serie1 della BMW.... Non che la cosa mi interessi. Ora come ora mi interessa che i posti a sedere dietro siano spaziosi e comodi visto che è li che passerò il mio tempo, in silenzio. 

"Hei piccolino..." 

Gli sussurra Stefano mentre gli sfiorara le labbra con le sue, per salutarlo. 
Narciso, al contatto della pelle del ragazzo si irrigidisce, sembra di pietra, immobile. 

"Scusa... A volte mi dimentico che hai bisogno un po' di tempo con una persona prima di accettare che ti tocchi. Solo che dopo l'altro giorno desideravo tanto farlo..." 

Narciso tace, ancora perfettamente fermo sul sedile. Non muove un muscolo. 

"Dimmi qualcosa..." 

"Tu incomincia a partire, dammi un'attimo..." 
 
Gli risponde.
Stefano mette in moto, in men che non si dica sfreccia nel traffico, verso una meta a me ignota. 
Che ansia non sapere mai nulla finché non accade. 
Mi chiedo perché non sono come le Parche in Hercules... Io dovrei sapere tutto... PASSATO, PRESENTE E FUTURO. Iincece no, io mi accontento del PASSATO! 

"That's not fear!!!"

Sento quella frase, che tanto si addice alla mia attuale condizione, farsi spazio, con forza e prepotenza, dentro di me, come fosse un fiume in piena che travolge tutto. 

"Hai pensato all'altro giorno? A quello che ti ho detto..."

Gli sussurra Narciso, con la sua classica voce roca, il suo ormai caratteristico tratto.

"Si... Ieri. Non. Te. L'ho. Detto, ma non sto più con la mia rag... Cioè exragazza." 

"Perché non me lo hai detto?" 

Gli chiede Narciso, curioso. 

"Perché non me la sentivo di parlarne con qualcuno... E perché non volevo che pensassi che l'ho fatto per te; sapevo che ti saresti arrabbiato." 

"Perché?" 

Gli chiede nuovamente, ironico. 
Stefano sembra calmo, ma se io fossi in lui già mi starei scaldando. Sembra di colloquiare con una cazzo di strizzacervelli che ti risponde solo con domande, mai con normalissime affermazioni che finiscono con un santissimo punto esclamativo. 

"Perché mi hai ripetuto fino alla morte che dovevo lasciarla per me stesso e per lei, perché voglio bene ad entrambi. E perché dovevo smetterla di prendere in giro lei e me stesso." 

"E perché lo hai fatto?" 

"Non è importante..." 

Narciso, con la voce rotta in gola, scoppia a ridere, come se non gli importasse del tono abbattuto che facilmente è palpabile nella voce del suo... Amico? Ragazzo? Frequentatore? Compagno di lemon-party? 
Bho, non ho ancora ben capito cosa sia questo benedetto ragazzo per Narciso. 

"Il fatto che tu non mi dica che lo hai fatto solo perché se no ti avrei lasciato, non vuol dire che io sia così stupido da credere che tu lo abbia fatto per altri motivi!"

Parla in tutta calma, mentre gira la testa, piano, in modo assolutamente calcolato e pensato, verso il povero cristo accanto a lui. 
Se parla piano, tranquillamente, i suoi occhi dicono tutt'altro.  
Cosa? Nuovamente non ne ho idea. Probabilmente dicono la frase preferita di Narciso... 

"IO TE L'AVEVO DETTO CHE LO FACEVI SOLO PER QUELLO!!!"

"Comunque dove stiamo andando Ste?" 

Dice nuovamente tranquillo con un grande sorriso stampato sul volto.  

"A casa mia... E smettila di fissarmi con quel sorrisino che mi distrai..." 

"Che facciamo a casa tua?" 

Risponde eccitato, ma continua comunque a guardarlo. 
Stefano si gira di sfuggita a fulminarlo con lo sguardo per qualche millesimo di secondo.

"Ah si giusto... Basta fissarti se non voglio distrarti dalla tua esagerata guida sportiva!" 

Con una mano si allunga verso lo stereo ed alza la musica. Dalle casse sento risuonare le note dei Kazaky, l'ultimo eccesso musicale di cui si è innamorato Narciso.... È stato carino Stefano a fare un cd per Natciso... Almeno credo, vista la quasi totale assenza di romanticismo nella persona del nostro inusuale amico. 
Guardo la televisione, un documentario su non so cosa, non sto prestando molta attenzione alle immagini e ai suoni che emette lo schermo piatto davanti. Trovo molto più interessante ascoltare quei due che chiacchierano mentre mangiano. 
Il discorso principale, dopo aver deciso cosa fate nel corso della serata, si è spostato sulla ragazza, cioè exragazza di Stefano... A quanto pare l'ha lasciata dicendole che non l'amava più e andare avanti significava solo dirsi bugie e fingere qualcosa che non c'era più. 

"Quindi non le hai detto nulla delle tue tendenze? O di me?" 

Gli chiede calmo Narciso, di punto in bianco, interrompendolo. 

"Esatto... La mia sessualità... Te.... Sono fatto miei, non suoi. 
Adesso che ne dici di accompagnarmi in camera e aiutarmi a decidere che mettere?" 

Cala il silenzio, sento solo il rumore dei loro passi. Mi alzò pure io dal divano, qui mi sto annoiando e non riesco a capire cosa stanno facendo. Molto della serie, io si che so farmi i Cazzi miei.... 
Narciso è seduto sul letto a gambe incrociate, che osserva Stefano, in piedi davanti a lui con addosso solo un paio di boxer neri che gli fanno risaltare il pacco.ha un bel corpo, ben definito, nemmeno un pelo... Probabilmente si depila. Mi chiedo come la sua ex possa averlo scambiato per un'etero eterissimo e convintissimo. Bah.... 
 
"Smettila di guardarmi così che se no non risponderò delle mie azioni... Piuttosto dimmi cosa mettere!" 

Gli fa una linguaccia.

"Vestito così a me piaci tanto sai? Potresti uscire così... E poi   Ha davvero importanza il mio parere? Tanto passeremo praticamente tutta la serata divisi..." 
 
Narciso parla con gli occhi bassi, non lo guarda negli occhi. Mi chiedo a cosa stia lensando. 

"Perché dovremmo passare tutta la serata divisi?" 

Gli risponde Stefano, con una faccia molto confusa. 

"Non è mica questa la regola quando usciamo in posti pubblici? Non fare nulla che possa far saltare la tua copertura... Quindi, niente sguardi, mantenere le distanze di sicurezza e parlarsi poco se non quando lo si fa in gruppo?" 

Strfano si siede accanto a lui è allunga la mano destra verso il viso di Narciso, gli poggia due dita sul mento e lo costringe ad alzare il volto verso di lui. Lo bacia dolcemente, piano, giocherellando con la lingua lungo il labbro inferiore di Narciso. 
Appoggia la fronte contro quella di Narciso. 

"Smettila di fare così... Adesso quelle regole non valgono più okei?" 

Il sorriso arriva subito sulle labbra di narciso, che annuisce alle parole del... Del... Del... Non ho ancora capito cosa! 

"Quelli, quella, quelle scarpe e quella giacca!!" 

Mentre parla, veloce come un treno, indica delle scarpe, dei pantaloni, una giacca e una camicia. 
Stiamo camminando nel parcheggio, in silenzio. Quei due si guardano negli occhi, intensamente, uno accanto all'altro; non si tengono per mano. 

"Stai bene? Sei sicuro?" 

Gli sussurra Narciso. 

"Devo bere qualcosa prima di tutto... Poi le cose vanno come vanno." 

"Cosa vuoi bere?" 

"Qualcosa di non troppo leggero... Ti va un'incendiario?" 

Siamo davanti al bancone, una fila di shottini prendono fuoco da ti ai miri occhi, ricoperti di bellissime fiamme blu che danzano aggraziate, bellissime e letali allo stesso tempo. 
Sento Narciso fare un respiro profondo, prima di impugnare un bicchiere in mano e mandare giù tutto d'un fiato. 
Quando lo riappoggia sul bancone, seguito a ruota da Ste, lascia cadere lungo i fianchi le braccia. 
La gente attorno a loro d'un tratto si ammutolisce, per quanto mi stia guardando in giro, non capisco il motivo. 
Mi rigirò verso quei due. 

"Oh cazzo..." 
 
Mi sfugge dalle labbra, senza che possa fermarmi. 
Nella mia testa rivedo molto bene, a rallentatore, la scena che si è appena svolta davanti ai miei occhi. 
Stefano prende la mano destra di Narciso nella sua, con forza. In un nano secondo, lui è tra le braccia del ragazzo che lo stringe forte a se. Appoggia la fronte contro quella di Narciso e, dopo aver inspirato forte, appoggia le labbra contro le sue è inizia a cacciarlo. 

martedì 2 luglio 2013

•365•

23 Giugno 3013
Prendere il sole mi sembra inutile oggi, il cielo azzurro, rischiarato dall'intesa luce del sole, è oscurato da inutili nuvole grigie. È più il tempo che passo all'ombra che al sole come una lucertola sulle rocce. 
Mi alzò, non ho molta voglia di fare qualcosa, sarà che non ho dormito quasi nulla stanotte e mi sento non poco stanca. 
Tutta colpa del cellulare di Narciso che alle sei meno un quarto ha deciso di squillare come non ci fosse un domani, come se la gente alle 5.45 di domenica mattina non dorma. 

"Pronto... Chi è?" 

Ha risposto Narciso, con la voce ancora impregnata  di sonno. 

"Tesoro ma non andiamo a messa?!?" 

Dall'altra parte del telefono, risponde una voce squillante, troppo vista l'ora. 

"Nonna ma da quando vado a messa?!? Alle sei di mattina poi?!?" 

Narciso parlava irritato. Non capiva il motivo della richiesta, non era mai stato tipo da messa. 

"Ma oggi è un giorno importante... È l'anniversario della tua quasi morte caro... DEVI ANDARE A MESSA!!" 

"NONNA MA PER FAVORE!" 

Le ha attaccato il telefono in faccia, senza nemmeno salutarla. Aveva tutta l'aria di essere nero per l'incazzatura.
È rimasto a letto a guardare il soffitto per qualche ora, rigirandosi nel letto, pensando a che razza di strani parentele avesse.
Una cosa era certa, se la gente gli diceva che lui non era normale, era solo perché non conoscevano la sua famiglia.
All'alba delle dieci, quando la casa era ormai deserta, si è deciso ad alzarsi, di controvoglia. Il citofono suonava ormai da dieci minuti buoni, come se la gente non si rendesse conto che la domenica si è soliti dormire fino a tarda mattina a casa di Narciso o, almeno, rimanere a letto.
Dopo essersi messo un paio di short bianchi, candidi, una maglietta un po' scollata azzurra, troppo grande per essere sua, ed un paio di espadrillas dello stesso tono é salito al piano terra ad aprire la porta.
Dopo averla spalancata, è rimasto di sasso davanti alla scena demenziale che si stava svolgendo davanti ai suoi assonnati occhi.
L'altra sua nonnina, camminava lungo il vialetto della villa con una torta di fragole e panna con una grande candelina a forma di uno accesa. Gli si è fermata davanti, pronta a parlare e dire qualcosa.
Non ne ha avuto il tempo.

"NONNA COS'HAI IN MANO?!?"

 Una faccia shokkata gli era dipinta in volto, forse sconcertata, non so a dire il vero.

"UNA TORTA PER L'ANNIVERSARIO CARO!!!"

 Alla faccia di Narciso, sua nonna ha risposto con un'enorme sorriso a 365 denti, troppo bianchi e troppo dritti per una tipica nonnina comune.
Nella testa di Narciso, ci scommetto, lampeggiava a un'enorme scritta al neon con scritto DEMENZA SENILE ECCOCI!!!!
Nonostante la situazione totalmente anormale che Narciso si trovava a vivere ha reagito in modo molto normale... Ha fatto un caffè e ha mangiato tranquillante una fetta di torta, chiacchierando con la nonna del tempo e della imminente, si fa per dire, partenza per la Sardegna.





sabato 22 giugno 2013

•364•

22 Giugno 2013.

Non apro il mio diario da quasi sei mesi, non so quale sia il motivo. Forse, perché essere invisibili al mondo rende la vita la noiosa, insignificante; forse, perché guardare la vita altrui, quella di Narciso, stanca, almeno stanca me abbastanza da non volerci riflettere sopra. Lo faccio già a sufficenza durante il giorno. 
Eppure eccoci qua, nuovamente con una penna in mano, a scrivere cerulee lettere su fogli giallastri di una scura agenda.
Eppure eccoci qua, trecento sessantaquattro giorni dopo, trecento sessantaquattro inaspettatissimi giorni dopo. 
Guardo Narciso, sdraiato sul l'erba del giardino, con gli occhi socchiusi che guardano le nuvole nel cielo. 
Lo guardo e non posso far altri che pensare meno di un'anno fa, stessa situazione, stesso periodo dell'anno, per quel che ricordo, cioè poco e niente, poteva essere vestito allo stesso modo. 
Ricordo gli attimi di panico, vissuti nella quasi certezza di non vederlo più aprire gli occhi, ridere, parlare, camminare... 
Eppure a vederlo ora, tutt'altro che spensierato, afflitto da dubbi e pensieri non esattamente tipici di un ventenne, sembra che non sia mai successo nulla. 
Squilla il telefono, con quella sua orribile e banale suoneria che hanno tutti gli iPhone.  

"PRONTO?" 

Risponde in fretta, con quella sua ormai tipica voce roca, che sembra grattargli la gola. 

"Che avevi ieri sera Narciso? Pensavi ad un'anno fa?" 

Nemmeno ciao, dritti al punto, senza mezze misure. Non so chi sia, come sempre del resto. 

"Hei Ste... No niente, ero solo un po' pensieroso, ma non pensavo all'anno scorso... Anzi a tutt'altro." 

Gli risponde in toni calmo, pacato, come se niente fosse.  
La domanda che mi pongo io è... 

"MA CHI CASSIOPEA È STEFANO?!?" 

Essere invisibili è snervante, Natciso non mi racconta più niente e, quindi, ho sempre una visione molto confusa della sua vita. Non è giusto... 

"E allora a che pensavi? Mi parlavi a stento..." 

Mentre Narciso ascolta, ha il viso piegato in una smorfia pensierosa, schifata, come se fosse in preda alla nausea e sul punto di sboccare. 

"Pensavo a te e a Filippo." 

Cala il silenzio. 
Narciso non aggiunge altro, dall'altra parte di sente solo il respiro affannato di Stefano che non sa cosa rispobdere. Mi chiedo chi sia questo fantomatico Filippo, mi chiedo perché nessuno mi dice mai niente... Sarà che sono invisibile, ma non è comunque giusto. Narciso dovrebbe tenere un diario pure lui, così potrei tenermi aggiornata sugli sviluppi della sua vita. 

"Non hai altro da chiedermi?" 

Lo incalza, irritato da quello che sembra un'aspetrato silenzio. 

"No..." 

Stefano non aggiunge altro, la sua voce muore li dove era nata poco prima, nel profondo della sua gola, con un tono triste, forse malinconico. 
Più la conversazione continua, più vorrei capire di chi e di cosa stanno parlando. Non sto capendo davvero nulla. 

"Bene, allora vado a farmi una doccia, se lo vedo Salutamelo. Tanto oggi non è il giorno volto ai doveri coniugali come li chiami tu?!," 

"Si..." 

Istintivamente Narciso, senza pensarci due volte, gli sbatte il telefono in faccia, senza un ciao, senza niente. 
Prende il telefono e corre in bagno, dove si spoglia e si butta sotto l'acqua gelata, conoscendolo, pensando solo a cosa mettersi stasera. 
Trecento sessantaquattro giorni fa, non pensavo nemmeno di vederlo aprire nuovamente gli occhi, e adesso lo vedo vivere ogni giorno una vita apparentemente normale. 
La vita a volte è proprio strana...


domenica 24 febbraio 2013

Friendship

23 Febbraio 2013.
Era già passata una settimana dal giorno in cui Narciso aveva compiuto i fatidici vent'anni che, qualche mese prima, non avrei mai pensato sarebbe mai riuscito a compiere, a festeggiare, a vivere come una persona normale di vent'anni.
Invece, come spesso accadeva, lo avevo sottovalutato, lui a vent'anni c'era arrivato, e a una settimana esatta da quando li aveva compiuti, era arrivato il momento di festeggiarli, del taglio della torta, del'apertura dei pacchetti.
Erano le undici passate quando di malavoglia, si alzò dal letto per andare in cucina a bere un caffè, a mangiare una brioche, a ingoiare le sue tanto amate pastiglie... Non se lo aspettava, ma davanti al frigorifero, trovò quella mummia di suo fratello, di un colore cadaverico, che alle sei del mattino lo aveva chiamato perchè era chiuso fuori di casa tanto per cambiare.

 "Come mai- disse Narciso-sei già in piedi?"

"Avevo sete e un sacco di fame, adesso me ne torno a letto, non ti preoccupare!! Non ti strò in mezzo ai piedi"

Suo fratello, meccanicamente, afferrò una bottiglia d'acqua frizzante congelata e, osservato dagli occhi ancora impastati di sonno di Narciso, se ne tornò in camera sua, chiuse bene la porta per assicurarsi che nessun raggio di luce la oltrepassasse. e si rimise sotto le calde coperte a dormire.
Intanto, Narciso, si era preparato il caffè, lo aveva versato in una tazzina di vetro con un cucchiaio e mezzo di zucchero di canna grezzo, e mangiava a piccolissimi morsi una barretta di cioccolato.
Il telefono si mise a squillare, lui lo osservava, rileggeva il nome sullo schermo illuminato nella sua stanca testa...

"L'UomoDiLatta.... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta....L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta..."

Non aveva voglia di rispondere, sapeva per quale insulso motivo lo lo stava chiamando, non aveva voglia di affrontare la realtà amara di prima mattina, appena sveglio. Non ne aveva nessuna voglia, infatti, lasciò squillare il telefono a vuoto per un po, continuando a fissarlo, fino a quando semplicemnte non smise di farlo.
Appena calò il silenzio, si girò verso la finestra, guardava la neve, che a fiocchi grandi e aggraziati scendevano dal grigio cielo, rendendo tutto il mondo esterno così luminoso, bianco, etereo.

"Sembra un sogno là fuori- pensò- tutto bianco e luminoso, non sembra il giardino che guardo tutti i pomeriggi mentre bevo il caffè, dopo aver mangiato. Ecco, sicuramente mi avrà chiamato per la neve, non capisco perchè non gli ho risposto.
Non devo raccontare stupidate, è inutile che mi prendo in giro... Lo sai benissimo perchè non hai risposto a quel fottuto cellulare. Non vuoi sentirti dire un'altra scusa, l'ennesima cosa più importante di te.
RICHIAMALO! FALLO SUBITO!!"

A Narciso non piaceva ascoltare la sua testa, la maggior parte delle volte aveva ragione, e a lui non piaceva. Non gli piaceva che quella fondamentale parte di lui, che lo aveva spinto quasi oltre le soglie dell'oblio, gli desse consigli tanto corretti, a lui piaceva sbagliare, lui era semplicemente stanco di vivere quella relazione, una volta così semplice e naturale, in modo così complicato e conflittuale.
Che gli piacesse o meno, lo richiamò

"Hei, dimmi!"

"No nulla, volevo solo sapere per che ora fa te oggi... Tutto qua!"

"Ah... Per le tre!"

"Va bene! Allora ci vediamo dopo!!"

Non ci credeva, per la prima volta dopo mesi gli sembrava di essere tornato a vivere la vita che aveva chiuso in un cassetto quando ci eravamo incontrati.
Alle tre, iniziarono ad arrivare tutti i suoi amici, quelli che aspettava per festeggiare quel quasi inaspettato ventesimo compleanno... Fu un pomeriggio fantastico, come se lo aspettava lui!
I suoi più cari amici, del tea e tanti dolci; tutto accompagnato da chiacchere e risate, dal suo migliore amico che dava frustate sul sedere della Lisa, con la partita della Juve in sottofondo.
Erano semplicemente loro, lui e i suoi amici, le uniche persone con cui amava davvero passare il tempo.
Verso le sei se ne andarono tutti, tranne lui. La persona che credeva se ne sarebbe andata per prima, per pierreggiare, per vedere qualcuno, per andarsene e basta!
Non glie lo dovette nemmeno chiedere.
Rimase e basta.
Quando se ne andarono gli ultimi amici di Narciso, lui si girò verso il divano, ci si sdraiò sopra e guardò Narciso, come per dirgli

"Bhè che aspetti?!? Ti ho lasciato il posto!"

Si misero a guardare insieme un film, come se non fosse mai successo nulla, come se Narciso non si fosse mai ammalato, come se l'UomoDiLatta non fosse mai scomparso.
Erano li, loro due, sdraiati l'uni accanto all'altro a chiaccherare, come se il mondo esterno non esistesse.
Erano loro due, come una volta.
Erano loro due e basta, uno dei pochi momenti per i quali Narciso non mandava a quel paese con un grande boom la loro amicizia.
Per un solo momento in più come quello, avrebbe venduto l'anima al diavolo se ne avesse avuto la possibilità.
Era stanco del loro rapporto, così conflittuale, così problematico, ma quel pomeriggio tutti i suoi buoni propositi, la sua rabbia repressa e tutto il tumulto interiore che sentiva, scomparvero nascosti da un solo momento di serenità.
Solo quel giorno capì quanto teneva a quel ragazzo, al suo amico, a quella persona che di recente vedeva tanto raramente riaffiorare.



venerdì 15 febbraio 2013

Poison

14 Febbraio 2013.
Una mattina come tante altre, una sveglia come tante altre, la classica routine quotidiana. Per me era un giorno come tanti altri; lo era anche per Narciso, solo ormai da quasi un'anno.
Non so cosa mi spinse a uscire chetamente di casa, dietro di lui, per andare a scuola. Non ci andavo mai, lui non mi vedeva, i suoi compagni neanche, ero invisibile a tutto il mondo ormai. Ma lo feci comunque, non avevo la minima voglia di stare a casa, tutta sola, a guardare la donna di servizio fare le pulizie.
Salimmo in macchina, lui sul sedile davanti, io dietro. Rimanemmo lì, in silenzio, mentre la macchina su dirigeva verso Meda, guardavamo entrambi fuori dal finestrino gli edifici sfrecciarci accanto, veloci come saette nel cielo. È strano vedere gli oggetti immobili da una macchina in movimento, sembrano muoversi, ma non è così, è la macchina che di muove, tutto dipende dal punto di vista. Se sei in macchina il mondo si muove, se sei in strada è la macchina a farlo, tutto è relativo, come la vita.
Ogni giorno, ogni cosa, ogni situazione, può essere analizzata e giudicata in modi completamente diversi, opposti a volte, a seconda del punto di vista che adottiamo, della parte che ci troviamo a recitare in scena.
Arrivammo a scuola, il sole ancora basso al l'orizzonte, un gregge di giovani studenti presidiavano il cancello principale. Narciso, camminando velocemente, evitando il contatto con ogni persona a cui passava accanto, con uno sguardo leggermente schifato in volto, si diresse verso l'entrata della scuola.
Attorno, come tutti gli anni in quel particolare giorno, giovani studentelli si scambiavano gli auguri, fiori e cioccolatini. Tutto per festeggiare una festa stupida, consumistica, inutile. Una giornata in cui, le giovani donne di facili costumi si rivelavano ancora più tali, le povere ragazze innamorate e non ricambiate si illudevano di esserlo. Una giornata durante la quale i problemi di coppia scomparivano, nascosti dall'ipocrisia, da un falso velo di serenità.
Narciso, era sempre di pessimo umore quel giorno dell'anno.
Narciso, ogni anno, in quel particolare giorno, si svegliava con una leggera sensazione acida che cresceva piano piano durante la giornata.
Gli si leggeva in faccia, con tutti quei dolci, quei fiori, quell'ipocrisia nascosta, quanto fosse nauseato quel giorno.
Probabilmente, non gli interessava neanche chi ci credesse davvero o no alla festa dell'amore, erano tutte quelle morbose effusioni di prima mattina che gli davano fastidio. Quelle morbose effusioni che iniziavano la mattina presto e si prolungavano inutilmente tutto il giorno.
Non avevo mai visto Narciso fidanzato o innamorato di qualcuno dopo la mia scomparsa. Pensandoci, non lo avevo mai sentito parlare di amore per qualcuno, ne prima, ne dopo il nostro primo incontro.
Non lo avevo mai sentito parlare di vecchi amori, solo di vecchie fiamme, di vecchie storie, ma MAI di amore.
Non capivo davvero perchè, era un bel ragazzo, a volte egoista e narcisista, ma che aveva sempre avuto tanto da dare agli altri, un cuore dolce leggermente stroppiciato, ma grande, pronto a concedersi a chiunque lo avesse voluto davvero.
Ma non aveva mai amato nessuno, e non lo era mai stato da nessuno.
Era sempre e solo stato innamorato di se stesso, dell'unica persona che era sempre stata presente nella sua vita da quando era nato.
Era, in realtà, sempre stato innamorato dell'idea dell'amore stesso, di un'amore passionale, portato all'eccesso, all'autodistruzione, alla fede più cieca.
Quando suonò la campanella dell'ultima ora, Narciso tirò un respiro di sollievo, perchè sarebbe potuto finalmente tornare a casa, lontano dalle mura della scuola, lontano da quella nauseante e dolciastra maschera d'ipocrisia generale.
Dopo pranzo, uscì di casa, aveva promesso ad una sua carissima un caffè per festeggiare il loro gioioso stato di esseri umani felicemente single, innamorati di se stessi, dell'unica persona che davvero li capiva...
Mentre bevevano il loro tea al lampone, con pasticcini pieni di crema pasticcera e frutti di bosco, Alex guardò Narciso negli occhi, incerta se parlare o meno, e, dopo qualche secondo di silenzio, gli chiese:
"Sei mai stato innamorato di qualcuno, alla follia, fino a toglierti il respiro?"
Lui, fu preso alla sprovvista da quella domanda; un'attimo prima parlavano dei futuri acquisti da fare per la stagione estiva, un'attimo dopo lei se ne uscì con quella domanda, dal nulla, per lui fu come un fulmine a ciel sereno:

"Perchè mi fai una domanda simile? Perchè ora? E poi, sai già la risposta..."

"Si, conosco la risposta, ma non so perchè... Non so perchè sostieni di non esserti mai innamorato di nessuno... E te la faccio ora per il semplice fatto che è San Valentino, ed entrambi sappiamo quanto ti disturbi questa festa. Voglio sapere il motivo per il quale ti nausea tanto questo giorno dell'anno, per il quale non ti sei mai innamorato di nessuno, perchè io non lo so, non concepisco questo tuo stato d'animo. E, conoscendoti, non centra il fatto che è quasi un anno che non stai con qualcuno.
La cosa non ti ha mai disturbato, anzi, essere fidanzato per te è sempre stato un peso, quindi, voglio capire."

"Hai ragione, non amo questo giorno dell'anno, da sempre, che sia fidanzato o meno. Semplicemente non mi piace, non mi piace quel sottile velo di ipocrisia che si stende sul mondo, sulle persone, sulle coppie. In una notte, un ragazzo non innamorato della della sua ragazza, lo diventa e lo resta per 24 ore, senza farsi problemi, solo perchè deve. Lo trovo stupido, ipocrita e, poi, guardiamo in faccia alla realtà... La festa dell'amore?!? Una coppia che sta insieme da quarant'anni e si ama per davvero non ha bisogno una giornata per festeggiare il loro amore. Il 90% delle coppie che lo festeggiano, sono formate da giovani, giovanissimi, che dell'amore non sanno nulla, che prendono questa parola e la svuotano completamente del suo immenso significato, che la maltrattano e dopo poco la buttano via per noia.
Non dico che l'amore non esiste, ma che ad oggi al posto di TI VOGLIO BENE, si usa solo ed esclusivamente il  TI AMO, svuotandolo di quello che significa per davvero.... Tutto qua!"

"Sai di essere cinico Narciso  vero? o sei cinico o sei solo invidioso.... Io sono stata innamorata, ho amato davvero il mio ex, gli ho voluto un bene infinito, anche se ora non stiamo più insieme!"

"Io non sono cinico! La pensiamo solo in modi molto diversi e mi piacerebbe farti notare che dopo quel ho amato hai detto gli ho voluto un bene infinito che spiega molto di più il sentimento che provavi per lui... Gli volevi bene, non lo amavi, tutto qua, le due cose non si escludono l'un l'altra, ma sono due cose diverse.
Io non sono cinico, sono semplicemente innamorato dell'amore stesso, dell'idea di amore che ho in testa, nel mio cuore, che sento rimbombare in ogni parte del mio corpo.
Perchè amare qualcuno, cara, significa arrivare al punto di fare qualsiasi cosa per lui, significa arrivare al punto di iniettargli del veleno nelle sue stanche vene, quando è troppo debole per farlo da solo, significa arrivare a sacrificare anche se stessi per lui, senza riserve senza pensarci due volte. Ho seri dubbi che tutte le coppie che si giurano eterno amore oggi sappiano cosa vuol dire amare davvero qualcuno. Ho seri dubbi che esista davvero qualcuno che lo sa.
Ecco perchè non amo questa festa, ecco perchè non credo di essere mai stato innamorato di qualcuno, ecco perchè reputo il 99% delle persone che festeggiano il loro amore, oggi, solo delle ipocrite!
Io non sono cinico, mi piacerebbe, sono solo follemente innamorato di quest'idea dell'amore così romantica."

"Non so se tu abbia ragione, Narciso, ma è un'idea dell'amore molto dolce, romantica e passionale la tua"

Il discorso tra i due si chiuse lì, come se nulla fosse, come se non fosse mai iniziato, rincominciarono semplicemente a parlare di scarpe, abiti e moda, come qualche minuto prima.
Quando Narciso andò a letto, quella sera, ripensando al pomeriggio, si rese conto che una sola volta qualcuno lo  aveva amato in quel modo e, inconsciamente, gli aveva donato la vita due volte in una sola vita.

mercoledì 6 febbraio 2013

Tumultuous Anger ✌✌

5 febbraio 2013.
Dicono che un'immagine, una foto, un quadro, valga più di mille parole vergate su un foglio di carta o dette ai quattro venti, cullate da una leggera brezza di primavera in anticipo.
Dicono che le parole, non sono altro che suoni senza senso, dolci e vuoti, pronunciati in sospiri vuoti, senza significato.
Eppure, le parole sono le uniche cose che riescono a dire tutto, che riescono a raccontare ogni cosa, sono le uniche brevi aperture sull'anima di una persona.
Scegliere un vocabolo o un'altro, descrive alla perfezione la parte più nascosta di tutti, mostra le sfaccettature più impercettibili del carattere di una persona.
Quella sera, probabilmente, avrei dovuto farmi gli affari miei, aspettare che Narciso andasse a letto e, nel buio più totale, sdraiarmi accanto a lui ed addormentarmi, cullata dal lieve suono del suo piccolo cuore pulsante... TUM ... TUM... TUM... TUM... Poi il silenzio di un profondo sonno.
Eppure, dopo essere rimasta ad ascoltare quel dolce suono per qualche secondo, decisi che non avevo sonno abbastanza per chiudere gli occhi e dormire.
Ero agitata, ogni fibra del mio essere urlava al mio cervello che non voleva dormire, che era più che sveglia, che avrebbe avuto le forze per distruggere il mondo intero se lui avesse voluto. Basta un'ordine, e il mio corpo intero di sarebbe messo in moto per fare qualsiasi cosa.
Quella mattina, sola in casa, ero rimasta a letto fino a tardi e, pur essendo molto tardi, di sonno non ne avevo proprio quella sera.
Sveglia, totalmente ed indiscriminatamente sveglia.
Mi alzai con calma e mi misi seduta sul letto accanto al Bel Addormentato, attenta a non far rumore, a non muovermi troppo, a non combinare uno sei miei soliti disastri di proporzioni innaturali, troppo esagerato per succedere davvero.
Mi guardai intorno qualche minuto scrutando l'ambiente attorno a me che, poiché i miei occhi si erano abituati alla quasi totale assenza di luce, vedevano il mondo in tonalità di grigio scuro stinto.
Allungai la mano verso la cornice di legno scuri del letto e, incerta, afferrai quella che mi sembrava essere la luce portatile da libro e la portai il più vicino possibile agli occhi per capire se lo fosse...
"Cazzo- pensai - è il cavo dell'iPhone che il rimbambito si è dimenticato di mettere in carica!"
Mi misi a fissare ancora lo scuro legno, sperando che ci fosse appoggiata anche la luce che stavo cercando, ma nulla. Non era li!
Allungai una gamba e poi l'altra verso il pavimento; prima un piede e poi l'altro; in men che non si dica, mi ritrovai in piedi sul freddo pavimento in tek della camera di Narciso, della nostra camera, a camminare in punta di piedi verso il tavolino a fianco della libreria...
"Ecco- dissi a me stessa come una pazza, e lo sembravo davvero camminando nel buio totale e parlando da sola, come una psicopatica- adesso che gli ho messo in carica il telefono posso cercare la benedetta lucina facendomi luce col telefono! Sono un genio del male"
Presi in mano il cellulare, immemore che li avessi attaccato al caricabatterie, e incomincia a camminare verso la scrivania. SPAC... Il telefono, tirato dal cavo, mi Cade per terra, a schermo in giù, e io caddi con lui come una deficiente!
A terra, dolorante, con un'enorme lividi dove non batte il sole, ci Rimasi per qualche secondo, immobile, per assicurarmi che Lui non si fosse svegliato.
Stanca di questa follia, che faceva tanto film di quart'ordine, presi il telefono, lo staccai, mi feci luce fino alla scrivania, afferrai quel che volevo leggere e mi diressi in tutta verso la porta. Ci mancò pochissimo che non mi schiantai contro la porta scorrevole in cristallo semiaperta.
Accesi la luce della sala, mi sdraiai sul domani ad angolo in pelle bianca e incominciai a leggere con calma le pagine ingiallite che mi stavano davanti agli occhi, vergate in una quasi incomprensibile calligrafia:
"3 Febbraio 2013. Guardarmi allo specchio, spesso, anzi sempre è il solo modo che ho per rendermi conto davvero che tutto è già successo, che non è stato un sogno, è stato reale.
Mi guardo, la linea che disegnano le sopracciglia sulla mia fronte, il colore corvini dei miei capelli, la loro consistenza, la loro forma, il loro naturale taglio.
È cambiato tutto, sono cambiato io, è cambiata la mia vita, in modo radicale, irreversibile forse.
Non me ne sono reso conto.
È successo e basta.
Un'anno e tutto è cambiato. Io, te, noi.
Noi, un qualcosa che credo non esista più, e se anche esistesse ancora, sarà per poco.
Nella vita tutto cambia, come me del resto, e si va avanti, senza guardarsi alle spalle, lasciandoci le zavorre che ci porterebbero a fondo indietro, nel dimenticatoio, nel passato.
Non è cattiveria, non è che non voglia che non esista un noi, non è che non ti voglia nella mia vita; ma hai fatto l'unica cosa che non potrò mai davvero perdonarti, che mi ha ferito fin nel profondo.
Quello che più mi ha ferito però, sono state le scuse e le giustificazioni che hai trovato, parole vuote, che non si sono mai tradotte in gesti, in azioni o in qualcosa. Qualsiasi cosa.
Sono stanco, dei silenzi, delle urla, delle parole, delle scuse e delle giustificazioni.
Cresci, tira fuori quelli che chiami coglioni.
Perché tutto ciò è destinato, or ora, a morire sotto il peso del passato, di un libro che si chiude per sempre."
Era la mia lettura preferita, il suo diario. Lo era perché parlava di lui, lo spogliava di tutte le maschere e le mattina di metteva addosso per uscire di casa.
Le parole, per quanto lo riguardava, erano tutto ciò di cui chiunque avesse bisogno per capirlo.
Dietro quelle poche righe, non ci vidi un'animo triste e stanco, ci vidi una persona arrabbiata, che gioiosamente ardeva del fuoco della rabbia più pura, mischiata ad una nota leggermente ironica.
Amavo vederlo e sentirlo arrabbiato, perché la rabbia e l'odio sono gli unici due sentimenti che sanno tirare fuori i lati più nascosti delle persone, quelli che di giorno, davanti agli altri, tutti cercano di nascondere.
Tornai a letto, soddisfatta, leggermente divertita dallo stato d'animo tumultuoso che smuoveva fin dal profondo Narciso, che li faceva essere più cattivo con le persone, che lo faceva essere così divertente.

sabato 12 gennaio 2013

Closed for holidays

13 Gennaio 2013. Guardare n faccia alla realtà non è mai semplice, è doloroso, è sfiancante, è soffocante, toglie il respiro. Perché la realtà, spesso, fa male. Perché la realtà, è spesso una lama che trafigge le persone in pieno petto, dritta in mezzo al cuore o a ciò che ne resta.
Quel pomeriggio, Narciso, tornò a casa presto, verso le quattro e mezza; sfinito dalla pesante mattinata e dal primo pomeriggio che si era appena lasciato alle spalle. Non ne poteva più.
Si accasciò sul divano, ancora vestito, con il cappotto ancora addosso. Avesse la tv e spese il cervello, stanco di pensare ai problemi, stanco di avere la testa occupata, giorno e notte. Gli stessi pensieri, sempre.
Erano passati otto mesi da quando ci eravamo incontrati.
Otto mesi.
Otto mesi di aghi, esami del sangue, ricoveri lunghi e brevi in ospedale, visite, aspirati al midollo,controlli, problemi.
Quel giorno, dopo l'ennesimo caffè con le persone che amava, disinteressate, assenti, perse nei loro pensieri, lui non ne poteva più. Aveva voglia di prendere quelle persone, stringergli forte le spalle con le mani, guardarle dritte negli occhi e urlargli in pieno volto, con tutto il fiato che aveva nei polmoni, cosa stava accadendo, cosa ne avevano fatto di coloro che amava, che gli volevano bene. Cosa avessero fatto delle persone che molti anni prima gli avevano rubato parte del suo cuore.
Dopo otto mesi, dopo quel caffè, dopo quel primo pomeriggio, si sedette sul divano e, stanco, decise di spegnere il cervello. Decise di ammutolire tutta la baraonda che sentiva, rumorosa, nella sua testa.
Non ne poteva più, non ne voleva più sapere di drammi, non voleva più sentire parlare di loro, di quello che stavano diventando, di quello che provava, della rabbia che ogni giorno sentiva crescere esponenzialmente in ogni fibra del suo essere.
Silenzio.
Nella sua mente, voleva solo silenzio, una tregua, una quiete totale disturbata solo dalle immagini e dai suoni, prodotti dal tecnologico schermo piatto davanti ai suoi occhi.
Silenzio.
Non desiderava altro.
Ultimamente, le cose, la realtà, erano diventate qualcosa che non voleva accettare, che si era stufato di guardare negli occhi, di parlarci e di affrontarla.
Passò in quel modo tutto il resto del pomeriggio, con il cervello chiuso per ferie, conscio della rabbia che cresceva e vibrava dentro di lui.
Erano passiti otto mesi e, quello che una volta era il suo modo di staccare dai problemi e vivere per qualche ora in modo spensierato, senza pensieri, senza drammi, come qualsiasi diciannovenne; era diventato a sua volta un problema, che per il momento, non aveva soluzione, che non aveva voglia di risolvere, che non aveva il tempo di affrontare.