domenica 24 febbraio 2013

Friendship

23 Febbraio 2013.
Era già passata una settimana dal giorno in cui Narciso aveva compiuto i fatidici vent'anni che, qualche mese prima, non avrei mai pensato sarebbe mai riuscito a compiere, a festeggiare, a vivere come una persona normale di vent'anni.
Invece, come spesso accadeva, lo avevo sottovalutato, lui a vent'anni c'era arrivato, e a una settimana esatta da quando li aveva compiuti, era arrivato il momento di festeggiarli, del taglio della torta, del'apertura dei pacchetti.
Erano le undici passate quando di malavoglia, si alzò dal letto per andare in cucina a bere un caffè, a mangiare una brioche, a ingoiare le sue tanto amate pastiglie... Non se lo aspettava, ma davanti al frigorifero, trovò quella mummia di suo fratello, di un colore cadaverico, che alle sei del mattino lo aveva chiamato perchè era chiuso fuori di casa tanto per cambiare.

 "Come mai- disse Narciso-sei già in piedi?"

"Avevo sete e un sacco di fame, adesso me ne torno a letto, non ti preoccupare!! Non ti strò in mezzo ai piedi"

Suo fratello, meccanicamente, afferrò una bottiglia d'acqua frizzante congelata e, osservato dagli occhi ancora impastati di sonno di Narciso, se ne tornò in camera sua, chiuse bene la porta per assicurarsi che nessun raggio di luce la oltrepassasse. e si rimise sotto le calde coperte a dormire.
Intanto, Narciso, si era preparato il caffè, lo aveva versato in una tazzina di vetro con un cucchiaio e mezzo di zucchero di canna grezzo, e mangiava a piccolissimi morsi una barretta di cioccolato.
Il telefono si mise a squillare, lui lo osservava, rileggeva il nome sullo schermo illuminato nella sua stanca testa...

"L'UomoDiLatta.... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta....L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta... L'UomoDiLatta..."

Non aveva voglia di rispondere, sapeva per quale insulso motivo lo lo stava chiamando, non aveva voglia di affrontare la realtà amara di prima mattina, appena sveglio. Non ne aveva nessuna voglia, infatti, lasciò squillare il telefono a vuoto per un po, continuando a fissarlo, fino a quando semplicemnte non smise di farlo.
Appena calò il silenzio, si girò verso la finestra, guardava la neve, che a fiocchi grandi e aggraziati scendevano dal grigio cielo, rendendo tutto il mondo esterno così luminoso, bianco, etereo.

"Sembra un sogno là fuori- pensò- tutto bianco e luminoso, non sembra il giardino che guardo tutti i pomeriggi mentre bevo il caffè, dopo aver mangiato. Ecco, sicuramente mi avrà chiamato per la neve, non capisco perchè non gli ho risposto.
Non devo raccontare stupidate, è inutile che mi prendo in giro... Lo sai benissimo perchè non hai risposto a quel fottuto cellulare. Non vuoi sentirti dire un'altra scusa, l'ennesima cosa più importante di te.
RICHIAMALO! FALLO SUBITO!!"

A Narciso non piaceva ascoltare la sua testa, la maggior parte delle volte aveva ragione, e a lui non piaceva. Non gli piaceva che quella fondamentale parte di lui, che lo aveva spinto quasi oltre le soglie dell'oblio, gli desse consigli tanto corretti, a lui piaceva sbagliare, lui era semplicemente stanco di vivere quella relazione, una volta così semplice e naturale, in modo così complicato e conflittuale.
Che gli piacesse o meno, lo richiamò

"Hei, dimmi!"

"No nulla, volevo solo sapere per che ora fa te oggi... Tutto qua!"

"Ah... Per le tre!"

"Va bene! Allora ci vediamo dopo!!"

Non ci credeva, per la prima volta dopo mesi gli sembrava di essere tornato a vivere la vita che aveva chiuso in un cassetto quando ci eravamo incontrati.
Alle tre, iniziarono ad arrivare tutti i suoi amici, quelli che aspettava per festeggiare quel quasi inaspettato ventesimo compleanno... Fu un pomeriggio fantastico, come se lo aspettava lui!
I suoi più cari amici, del tea e tanti dolci; tutto accompagnato da chiacchere e risate, dal suo migliore amico che dava frustate sul sedere della Lisa, con la partita della Juve in sottofondo.
Erano semplicemente loro, lui e i suoi amici, le uniche persone con cui amava davvero passare il tempo.
Verso le sei se ne andarono tutti, tranne lui. La persona che credeva se ne sarebbe andata per prima, per pierreggiare, per vedere qualcuno, per andarsene e basta!
Non glie lo dovette nemmeno chiedere.
Rimase e basta.
Quando se ne andarono gli ultimi amici di Narciso, lui si girò verso il divano, ci si sdraiò sopra e guardò Narciso, come per dirgli

"Bhè che aspetti?!? Ti ho lasciato il posto!"

Si misero a guardare insieme un film, come se non fosse mai successo nulla, come se Narciso non si fosse mai ammalato, come se l'UomoDiLatta non fosse mai scomparso.
Erano li, loro due, sdraiati l'uni accanto all'altro a chiaccherare, come se il mondo esterno non esistesse.
Erano loro due, come una volta.
Erano loro due e basta, uno dei pochi momenti per i quali Narciso non mandava a quel paese con un grande boom la loro amicizia.
Per un solo momento in più come quello, avrebbe venduto l'anima al diavolo se ne avesse avuto la possibilità.
Era stanco del loro rapporto, così conflittuale, così problematico, ma quel pomeriggio tutti i suoi buoni propositi, la sua rabbia repressa e tutto il tumulto interiore che sentiva, scomparvero nascosti da un solo momento di serenità.
Solo quel giorno capì quanto teneva a quel ragazzo, al suo amico, a quella persona che di recente vedeva tanto raramente riaffiorare.



venerdì 15 febbraio 2013

Poison

14 Febbraio 2013.
Una mattina come tante altre, una sveglia come tante altre, la classica routine quotidiana. Per me era un giorno come tanti altri; lo era anche per Narciso, solo ormai da quasi un'anno.
Non so cosa mi spinse a uscire chetamente di casa, dietro di lui, per andare a scuola. Non ci andavo mai, lui non mi vedeva, i suoi compagni neanche, ero invisibile a tutto il mondo ormai. Ma lo feci comunque, non avevo la minima voglia di stare a casa, tutta sola, a guardare la donna di servizio fare le pulizie.
Salimmo in macchina, lui sul sedile davanti, io dietro. Rimanemmo lì, in silenzio, mentre la macchina su dirigeva verso Meda, guardavamo entrambi fuori dal finestrino gli edifici sfrecciarci accanto, veloci come saette nel cielo. È strano vedere gli oggetti immobili da una macchina in movimento, sembrano muoversi, ma non è così, è la macchina che di muove, tutto dipende dal punto di vista. Se sei in macchina il mondo si muove, se sei in strada è la macchina a farlo, tutto è relativo, come la vita.
Ogni giorno, ogni cosa, ogni situazione, può essere analizzata e giudicata in modi completamente diversi, opposti a volte, a seconda del punto di vista che adottiamo, della parte che ci troviamo a recitare in scena.
Arrivammo a scuola, il sole ancora basso al l'orizzonte, un gregge di giovani studenti presidiavano il cancello principale. Narciso, camminando velocemente, evitando il contatto con ogni persona a cui passava accanto, con uno sguardo leggermente schifato in volto, si diresse verso l'entrata della scuola.
Attorno, come tutti gli anni in quel particolare giorno, giovani studentelli si scambiavano gli auguri, fiori e cioccolatini. Tutto per festeggiare una festa stupida, consumistica, inutile. Una giornata in cui, le giovani donne di facili costumi si rivelavano ancora più tali, le povere ragazze innamorate e non ricambiate si illudevano di esserlo. Una giornata durante la quale i problemi di coppia scomparivano, nascosti dall'ipocrisia, da un falso velo di serenità.
Narciso, era sempre di pessimo umore quel giorno dell'anno.
Narciso, ogni anno, in quel particolare giorno, si svegliava con una leggera sensazione acida che cresceva piano piano durante la giornata.
Gli si leggeva in faccia, con tutti quei dolci, quei fiori, quell'ipocrisia nascosta, quanto fosse nauseato quel giorno.
Probabilmente, non gli interessava neanche chi ci credesse davvero o no alla festa dell'amore, erano tutte quelle morbose effusioni di prima mattina che gli davano fastidio. Quelle morbose effusioni che iniziavano la mattina presto e si prolungavano inutilmente tutto il giorno.
Non avevo mai visto Narciso fidanzato o innamorato di qualcuno dopo la mia scomparsa. Pensandoci, non lo avevo mai sentito parlare di amore per qualcuno, ne prima, ne dopo il nostro primo incontro.
Non lo avevo mai sentito parlare di vecchi amori, solo di vecchie fiamme, di vecchie storie, ma MAI di amore.
Non capivo davvero perchè, era un bel ragazzo, a volte egoista e narcisista, ma che aveva sempre avuto tanto da dare agli altri, un cuore dolce leggermente stroppiciato, ma grande, pronto a concedersi a chiunque lo avesse voluto davvero.
Ma non aveva mai amato nessuno, e non lo era mai stato da nessuno.
Era sempre e solo stato innamorato di se stesso, dell'unica persona che era sempre stata presente nella sua vita da quando era nato.
Era, in realtà, sempre stato innamorato dell'idea dell'amore stesso, di un'amore passionale, portato all'eccesso, all'autodistruzione, alla fede più cieca.
Quando suonò la campanella dell'ultima ora, Narciso tirò un respiro di sollievo, perchè sarebbe potuto finalmente tornare a casa, lontano dalle mura della scuola, lontano da quella nauseante e dolciastra maschera d'ipocrisia generale.
Dopo pranzo, uscì di casa, aveva promesso ad una sua carissima un caffè per festeggiare il loro gioioso stato di esseri umani felicemente single, innamorati di se stessi, dell'unica persona che davvero li capiva...
Mentre bevevano il loro tea al lampone, con pasticcini pieni di crema pasticcera e frutti di bosco, Alex guardò Narciso negli occhi, incerta se parlare o meno, e, dopo qualche secondo di silenzio, gli chiese:
"Sei mai stato innamorato di qualcuno, alla follia, fino a toglierti il respiro?"
Lui, fu preso alla sprovvista da quella domanda; un'attimo prima parlavano dei futuri acquisti da fare per la stagione estiva, un'attimo dopo lei se ne uscì con quella domanda, dal nulla, per lui fu come un fulmine a ciel sereno:

"Perchè mi fai una domanda simile? Perchè ora? E poi, sai già la risposta..."

"Si, conosco la risposta, ma non so perchè... Non so perchè sostieni di non esserti mai innamorato di nessuno... E te la faccio ora per il semplice fatto che è San Valentino, ed entrambi sappiamo quanto ti disturbi questa festa. Voglio sapere il motivo per il quale ti nausea tanto questo giorno dell'anno, per il quale non ti sei mai innamorato di nessuno, perchè io non lo so, non concepisco questo tuo stato d'animo. E, conoscendoti, non centra il fatto che è quasi un anno che non stai con qualcuno.
La cosa non ti ha mai disturbato, anzi, essere fidanzato per te è sempre stato un peso, quindi, voglio capire."

"Hai ragione, non amo questo giorno dell'anno, da sempre, che sia fidanzato o meno. Semplicemente non mi piace, non mi piace quel sottile velo di ipocrisia che si stende sul mondo, sulle persone, sulle coppie. In una notte, un ragazzo non innamorato della della sua ragazza, lo diventa e lo resta per 24 ore, senza farsi problemi, solo perchè deve. Lo trovo stupido, ipocrita e, poi, guardiamo in faccia alla realtà... La festa dell'amore?!? Una coppia che sta insieme da quarant'anni e si ama per davvero non ha bisogno una giornata per festeggiare il loro amore. Il 90% delle coppie che lo festeggiano, sono formate da giovani, giovanissimi, che dell'amore non sanno nulla, che prendono questa parola e la svuotano completamente del suo immenso significato, che la maltrattano e dopo poco la buttano via per noia.
Non dico che l'amore non esiste, ma che ad oggi al posto di TI VOGLIO BENE, si usa solo ed esclusivamente il  TI AMO, svuotandolo di quello che significa per davvero.... Tutto qua!"

"Sai di essere cinico Narciso  vero? o sei cinico o sei solo invidioso.... Io sono stata innamorata, ho amato davvero il mio ex, gli ho voluto un bene infinito, anche se ora non stiamo più insieme!"

"Io non sono cinico! La pensiamo solo in modi molto diversi e mi piacerebbe farti notare che dopo quel ho amato hai detto gli ho voluto un bene infinito che spiega molto di più il sentimento che provavi per lui... Gli volevi bene, non lo amavi, tutto qua, le due cose non si escludono l'un l'altra, ma sono due cose diverse.
Io non sono cinico, sono semplicemente innamorato dell'amore stesso, dell'idea di amore che ho in testa, nel mio cuore, che sento rimbombare in ogni parte del mio corpo.
Perchè amare qualcuno, cara, significa arrivare al punto di fare qualsiasi cosa per lui, significa arrivare al punto di iniettargli del veleno nelle sue stanche vene, quando è troppo debole per farlo da solo, significa arrivare a sacrificare anche se stessi per lui, senza riserve senza pensarci due volte. Ho seri dubbi che tutte le coppie che si giurano eterno amore oggi sappiano cosa vuol dire amare davvero qualcuno. Ho seri dubbi che esista davvero qualcuno che lo sa.
Ecco perchè non amo questa festa, ecco perchè non credo di essere mai stato innamorato di qualcuno, ecco perchè reputo il 99% delle persone che festeggiano il loro amore, oggi, solo delle ipocrite!
Io non sono cinico, mi piacerebbe, sono solo follemente innamorato di quest'idea dell'amore così romantica."

"Non so se tu abbia ragione, Narciso, ma è un'idea dell'amore molto dolce, romantica e passionale la tua"

Il discorso tra i due si chiuse lì, come se nulla fosse, come se non fosse mai iniziato, rincominciarono semplicemente a parlare di scarpe, abiti e moda, come qualche minuto prima.
Quando Narciso andò a letto, quella sera, ripensando al pomeriggio, si rese conto che una sola volta qualcuno lo  aveva amato in quel modo e, inconsciamente, gli aveva donato la vita due volte in una sola vita.

mercoledì 6 febbraio 2013

Tumultuous Anger ✌✌

5 febbraio 2013.
Dicono che un'immagine, una foto, un quadro, valga più di mille parole vergate su un foglio di carta o dette ai quattro venti, cullate da una leggera brezza di primavera in anticipo.
Dicono che le parole, non sono altro che suoni senza senso, dolci e vuoti, pronunciati in sospiri vuoti, senza significato.
Eppure, le parole sono le uniche cose che riescono a dire tutto, che riescono a raccontare ogni cosa, sono le uniche brevi aperture sull'anima di una persona.
Scegliere un vocabolo o un'altro, descrive alla perfezione la parte più nascosta di tutti, mostra le sfaccettature più impercettibili del carattere di una persona.
Quella sera, probabilmente, avrei dovuto farmi gli affari miei, aspettare che Narciso andasse a letto e, nel buio più totale, sdraiarmi accanto a lui ed addormentarmi, cullata dal lieve suono del suo piccolo cuore pulsante... TUM ... TUM... TUM... TUM... Poi il silenzio di un profondo sonno.
Eppure, dopo essere rimasta ad ascoltare quel dolce suono per qualche secondo, decisi che non avevo sonno abbastanza per chiudere gli occhi e dormire.
Ero agitata, ogni fibra del mio essere urlava al mio cervello che non voleva dormire, che era più che sveglia, che avrebbe avuto le forze per distruggere il mondo intero se lui avesse voluto. Basta un'ordine, e il mio corpo intero di sarebbe messo in moto per fare qualsiasi cosa.
Quella mattina, sola in casa, ero rimasta a letto fino a tardi e, pur essendo molto tardi, di sonno non ne avevo proprio quella sera.
Sveglia, totalmente ed indiscriminatamente sveglia.
Mi alzai con calma e mi misi seduta sul letto accanto al Bel Addormentato, attenta a non far rumore, a non muovermi troppo, a non combinare uno sei miei soliti disastri di proporzioni innaturali, troppo esagerato per succedere davvero.
Mi guardai intorno qualche minuto scrutando l'ambiente attorno a me che, poiché i miei occhi si erano abituati alla quasi totale assenza di luce, vedevano il mondo in tonalità di grigio scuro stinto.
Allungai la mano verso la cornice di legno scuri del letto e, incerta, afferrai quella che mi sembrava essere la luce portatile da libro e la portai il più vicino possibile agli occhi per capire se lo fosse...
"Cazzo- pensai - è il cavo dell'iPhone che il rimbambito si è dimenticato di mettere in carica!"
Mi misi a fissare ancora lo scuro legno, sperando che ci fosse appoggiata anche la luce che stavo cercando, ma nulla. Non era li!
Allungai una gamba e poi l'altra verso il pavimento; prima un piede e poi l'altro; in men che non si dica, mi ritrovai in piedi sul freddo pavimento in tek della camera di Narciso, della nostra camera, a camminare in punta di piedi verso il tavolino a fianco della libreria...
"Ecco- dissi a me stessa come una pazza, e lo sembravo davvero camminando nel buio totale e parlando da sola, come una psicopatica- adesso che gli ho messo in carica il telefono posso cercare la benedetta lucina facendomi luce col telefono! Sono un genio del male"
Presi in mano il cellulare, immemore che li avessi attaccato al caricabatterie, e incomincia a camminare verso la scrivania. SPAC... Il telefono, tirato dal cavo, mi Cade per terra, a schermo in giù, e io caddi con lui come una deficiente!
A terra, dolorante, con un'enorme lividi dove non batte il sole, ci Rimasi per qualche secondo, immobile, per assicurarmi che Lui non si fosse svegliato.
Stanca di questa follia, che faceva tanto film di quart'ordine, presi il telefono, lo staccai, mi feci luce fino alla scrivania, afferrai quel che volevo leggere e mi diressi in tutta verso la porta. Ci mancò pochissimo che non mi schiantai contro la porta scorrevole in cristallo semiaperta.
Accesi la luce della sala, mi sdraiai sul domani ad angolo in pelle bianca e incominciai a leggere con calma le pagine ingiallite che mi stavano davanti agli occhi, vergate in una quasi incomprensibile calligrafia:
"3 Febbraio 2013. Guardarmi allo specchio, spesso, anzi sempre è il solo modo che ho per rendermi conto davvero che tutto è già successo, che non è stato un sogno, è stato reale.
Mi guardo, la linea che disegnano le sopracciglia sulla mia fronte, il colore corvini dei miei capelli, la loro consistenza, la loro forma, il loro naturale taglio.
È cambiato tutto, sono cambiato io, è cambiata la mia vita, in modo radicale, irreversibile forse.
Non me ne sono reso conto.
È successo e basta.
Un'anno e tutto è cambiato. Io, te, noi.
Noi, un qualcosa che credo non esista più, e se anche esistesse ancora, sarà per poco.
Nella vita tutto cambia, come me del resto, e si va avanti, senza guardarsi alle spalle, lasciandoci le zavorre che ci porterebbero a fondo indietro, nel dimenticatoio, nel passato.
Non è cattiveria, non è che non voglia che non esista un noi, non è che non ti voglia nella mia vita; ma hai fatto l'unica cosa che non potrò mai davvero perdonarti, che mi ha ferito fin nel profondo.
Quello che più mi ha ferito però, sono state le scuse e le giustificazioni che hai trovato, parole vuote, che non si sono mai tradotte in gesti, in azioni o in qualcosa. Qualsiasi cosa.
Sono stanco, dei silenzi, delle urla, delle parole, delle scuse e delle giustificazioni.
Cresci, tira fuori quelli che chiami coglioni.
Perché tutto ciò è destinato, or ora, a morire sotto il peso del passato, di un libro che si chiude per sempre."
Era la mia lettura preferita, il suo diario. Lo era perché parlava di lui, lo spogliava di tutte le maschere e le mattina di metteva addosso per uscire di casa.
Le parole, per quanto lo riguardava, erano tutto ciò di cui chiunque avesse bisogno per capirlo.
Dietro quelle poche righe, non ci vidi un'animo triste e stanco, ci vidi una persona arrabbiata, che gioiosamente ardeva del fuoco della rabbia più pura, mischiata ad una nota leggermente ironica.
Amavo vederlo e sentirlo arrabbiato, perché la rabbia e l'odio sono gli unici due sentimenti che sanno tirare fuori i lati più nascosti delle persone, quelli che di giorno, davanti agli altri, tutti cercano di nascondere.
Tornai a letto, soddisfatta, leggermente divertita dallo stato d'animo tumultuoso che smuoveva fin dal profondo Narciso, che li faceva essere più cattivo con le persone, che lo faceva essere così divertente.