mercoledì 26 marzo 2014

•ICONOCLAST•

26 Marzo 2014. 

In questi ultimi giorni, per motivi diversi, mi sono trovato a pensare al mio personale modo di concepire la moda, al mio modo di vestirmi, al mio modo di portare i diversi capi che possiedo ed indosso. 
In principio c'era il verbo... Il verbo del mio professore di letteratura italiana, un discorso lungo e prolisso basato sul paragone tra Pascoli e D'Annunzio: entrambi, esponenti del decadentismo italiano, i due più grandi del movimento nel Bel Paese. Il primo, erede del simbolismo di Baudelaire, grande scrittore, forse il decadentista italiano che ha raggiunto i più alti livelli poetici coni suoi passaggi dal mondo grammaticale a quello pre-grammaticale e a quello post-grammaticale. Il secondo, come sottolinea spesso il mio professore, arrivato ai più altisonanti livelli, non tanto per la sua opera letteraria , quanto per la sua stessa vita. Una vita, per usare le parole di Walter Pater, «lived in the spirit of art, as a work of art.»
In principio c'era il verbo... Soppiantato poi, come spesso accade, da un becero frastuono di voci dissonanti, burine, probabilmente prive di cattiveria, superficiali. 
Alle parole, al lungo jet elevato discorso tenuto da uno dei dantisti più importanti in Italia, è seguito un nome, il mio. 
Il paragone, come c'era stato con Wilde, c'è stato anche con l'italianissimo (e da me pochissimo amato) D'Annunzio. 
È comune parere, almeno da quello che gli altri mi chiedono e mi dicono, alla base del mio stile, del mio modo di vivere stanno delle solide fondamenta di superficialità e buongusto. Nulla di più. 
Io, in modo personale, non ho mai visto la prima delle due cose in me. 
Mi piace sembrarlo, superficiale,  con frasi e modi di fare frivoli, ma del resto è il migliore di dire tutto ciò che si pensa di qualcosa o qualcuno senza sembrare u a persona malvagia e cattiva. 
Una persona frivola, come appaio io, lascia in bocca una risata dal retrogusto cattivo, addolcendo, quindi, la pillola amara che con ironia gli si serve direttamente in bocca. 
L'ossessione che ho per il mondo della moda, è sempre una causa scatenante di quelle critiche. 
Sei fissato con il mondo del fashion, ti vesti all'ultimo grido, sei un fashion-victim... Tutto ciò, in gran parte del mondo che mi circonda, è simbolo di superficialità. 
Addirittura, nel mondo delle cule, spesso è scambiato non solo per un chiaro riflesso esterno della superficialità che ti ti potrebbe caratterizzare, ma anche dei polsi rotti che potresti avere o della spina dorsale che potresti non avere... Che poi, questa espressione... "Manca di spina dorsale".... La trovo leggermente offensiva nei miei confronti. Una persona se ha un midollo osseo da burattare via, cosa mai può farci? Questo non implica che una persona sia debole. 
Nessun essere comune vede il modo di vestire di una persona come un riflesso della sua personalità, come il modo più immediato e, a parere mio, artistico che possediamo. 
Nessuno pensa che, dietro un determinato modo di vestire stia una ricerca personale, forse anche filosofica, riguardo al modo di concepire la vita. 
Sono una persona,io, a cui il mondo è sempre stato piuttosto stretto, come fosse una pantalone di due taglie più piccole rispetto alla mia. 
Ho sempre trovato banale il mondo, così convenzionale... Ed è proprio qui il nodo della questione. 
Convenzionalità. 
Massificazione. 
Standardizzazione. 
Stereotipizzazione. 
Tutti sinonimi a parere mio. 
Vivo in un modo che, dietro alle sue mistificatrici ideologie, si nasconde sentendosi protetto . 
Io trovo limitanti tali ideologie... Quella cristiana, quella della "rispettabilità" che affonda le sue radici nel lontano ottocento, quella della normalità, quella della famiglia "tradizionale" e molte altre strane ideologie. Mostri amorfi, prole di demenziali manie di onnipotenza. 
Sono stato definito, da una donna che conosco da anni, a partire dalle mie idee riguardo il mondo, un'iconoclasta. Effettiva,ente, è una definizione di me che mi piace e, basta leggere quello che sono solito scrivere, mi si addice. 
A partire da quella definizione, tanto banale, quanto detta in tono poco serio, è iniziata la mia ricerca stilistica. 
Ricordo il lontano 2009. Ero un giovane tanto particolare quanto comune. 
Le mie idee iconoclaste iniziavano a germogliare tranquille e serene, mentre io apparivo come un ragazzino dalla chioma fluente e dal look da giovanotto di buona famiglia... Pantaloni normali, camicia sempre e comunque. Davo l'impressione, cosa che ad oggi è rara, di essere una bravo bimbo tranquillo e sereno. 
Da allora di tempo ne è passato e, esattamente come un'idea, sono cambiato, mi sono evoluto. 
Quel mio dissentire dal mondo, ha trovato modo di esplodere nella parte più visibile di me. Il modo di vestire. 
Ad oggi, se da un lato mostrò col mio modo di vestire chi sono, dall'altro shokko il mondo ipocrita che mi circonda. 
Porto pantaloni stretti, molto stretti, con blazer e, sotto, magliette quasi trasparenti o traforate.
Amo giocare con quella che io definisco l'identità di genere degli abiti. 
Viviamo in un modo convenzionale dove un blazer con un determinato taglio è da uomo o da donna;dove un determinato modello di stringata è da uomo o donna; dove determinati tessuti non possono e non devono essere utilizzati per la moda maschile. 
Ricordo mia madre che mi dice "ma quel pantalone ha l'ala iattura da donna.. È un pantalone da donna!! Non vorrai metterlo?!?" 
Io personalmente non credo in tutta questa standardizzazione,non credo sia il modo sano di vivere. 
I vestiti lì vedo come opere d'arte da abbinare e mettere. Non hanno un sesso, non hanno un'identità di genere. Sono opere d'arte, asessuate o, se proprio volete dargli un sesso o un'orientamento sessuale, potemmo definirle ermafrodite o bisessuali. 
Non è la superficialità il motore immobile o la causa i causata della mia ricerca, del mio modo di apparire, ma è la ricerca di un modo di essere diverso, come mi sento io, che mi porta ad indossare liberamente capi da uomo e da donna insieme o ad indossare scarpe ricercate, particolari o indossare particolarissime fantasie. Alla ricerca poi, si affianca il buon gusto. Unica cosa che mi hanno sempre accusato d'avere, giustamente. 
Per le mie idee, ancora di più per questa maschera di superficialità che mi hanno sempre cucito addosso gli altri, che mi sono sempre sentito rimproverare quanto non sia una persona normale, quanto risulti altisonante ed egocentrico, quanto risultassi diverso. 
Diverso, questo termine credo risulti essere il secondo nodo della questione, del mio modo iconoclasta di vivere. 
Oggi ovunque ti giri, c'è sempre qualcuno che rifugge l'oscuro spettro della diversità. 
Oggi, viviamo in un mondo dove sembra si debba essere tutti uguali, tutti conformati a una sola linea di idee, di modelli, di gusti, di normalità. 
Trovo questo un modo di vivere, non solo limitante, ma a acrostico, un modo di tornare indietro di secoli. 
Se non sei come gli altri, sei un'outsider, un tagliato fuori, uno che non merita di avere, ad esempio, gli stessi diritti degli altri. 
Io credo, invece, che il mondo di oggi si basì sulla diversità che tutti rifuggono. 
Dire che siamo tutti uguali, credo sia il peggior crimine che si possa commettere, anzi, trovo ancora peggiore definirei uguale a tutti gli altri. 
Il progresso è dato proprio dalla diversità, dalla marca differenze di idee tra individui.
Se fossimo tutti uguali, tutti conformati l'uno all'altro, non si potrebbe andare avanti. Le idee non sarebbero molteplici, le idee si ridurrebbero ad una sola e le cose non cambierebbero mai. 
Per come la vedo io, solo attraverso la diversità si può giungere ad una sintesi e, quindi ad un cambiamento. 
Io personalmente, sulla base del mio modo di pensare, preferisco vivere così, iconoclasticamente, che conformato ad un mondo che non mi appartiene. 
Preferisco essere diverso e sbandierarono col mio modo di vestire ed essere, che diventare uno dei tutti uguali misero prodotti di una società volta alla massificazione. 

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