venerdì 2 maggio 2014

Inconsistenti immagini vuote...

2 Maggio 2014.

Arriva un certo momento, ogni sera, o comunque alcune, in cui ti sdrai nel letto e, fissando il soffitto, con lo sguardo perso in quelle che ti paiono migliaia o milioni di sfumature di bianco, ti fermi a pensare, a riflettere, a ripetere nella testa una o due parole all'infinito cercando di carpirne lo sfuggevole senso che nascondono. 
Stai li è ti perdi. 
Ti perdi in un mondo interiore, profondo come se non avesse una fine. 
Ti perdi e basta, in questa illusoria ricerca. 
Illusoria in quanto fallimentare. 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Epilessia... 
Per quante volte puoi ripetere quella parola, non capisci. 
Non ne capisci il senso. 
Non ne capisci il perché. 
Ne comprendi solo ciò che banalmente implica a livello fisico. 
Niente di più. 
Niente. 
Ha un bel suono. 
Penso sia la cosa che più mi è rimasta in testa, che più mi ha colpito a furia di ripeterla. 
Mi tornano alla mente quelle decine di volte in cui immagini, forme e scarabocchi dai colori pop sono apparsi davanti ai miei occhi, come fossero insegne al neon.
Apparsi come fossero allucinazioni. 
Loro, effettivamente, non c'erano davanti a me, lo sapevo bene, ogni volta. 
Eppure, nella mia dolce stoltezza, ignoranza e, forse, consapevole ignavia  non ci ho mai fatto troppo caso. 
Per me accadeva e basta... 
Anche l'altra sera, con Lui, per qualche secondo, ho guardato negli occhi quelle impalpabili lucine. 
Pensavo fossi stanco, esausto dopo due settimane quasi insonne. 
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Keppra...
Quale dolce parola! 
Quale accostamento soave tra la consonante liquida R e la vocale A! 
A me ricorda la routine, un qualcosa di quotidiano, un ripetersi senza fine di una ringola azione. 
Apri il blister di pastiglie. 
Prendine una. 
Ingoia. 
Ripeti. 
Apri il blister di pastiglie. 
Prendine una. 
Ingoia. 
Ripeti. 
Apri il blister di pastiglie. 
Prendine una. 
Ingoia. 
Ripeti. 
Apri il blister di pastiglie. 
Prendine una. 
Ingoia. 
Ripeti. 
Apri il blister di pastiglie. 
Prendine una. 
Ingoia. 
Ripeti. 
Da quasi due anni è una costante nella mia vita, come fosse un ritmo di sottofondo per qualsiasi cosa io faccia.
Per qualsiasi cosa farò. 
A volte mi chiediedono se dopo tutto questo, ho ritrovato la retta via, la vede. 
Mi chiedo, francamente, perché sia scontato che una persona, dopo essere stato più di là che di quà, deve credere in dio! 
In quella sorta di entità superiore che alcuni, come ciechi, credono possa aiutarlo nei momenti del bisogno. 
Nessuno, pensa mai all'altra faccia della medaglia in una situazione del genere. 
Se si è salvi, come dicono tutti, per miracolo... Allora devi credere. 
Eppure, penso sia un modo sbrigativo di affrontare la cosa. 
Penso sia un modo veloce di dare una risposta alla nullità della vita, così insignicante ed significativamente sfaccettata, e alla straordinaria genialità umana. 
Nullità della vita... È un'espressione che mi piace alquanto. Un'eredità intellettuale lasciatami dal '900 filosofico che tanto mi affascina, che ho incontrato per errore nei corridoi di una scuola. 
Nei corridoi di un'anonima scuola di un'anonima Brianza dove risulta assai semplice far salire le lacrime agli occhi di una ragazza mettendo in evidenza, con un semplicistico ragionamento logico, che le tutt'altro che sacre scritture sono scritte da esseri umani, in carne ed ossa come me, come te, come lui, come chiunque. 
Nonostante il fascino di quel mondo, non sono mai riuscito,nell'ultimo anno, ad applicarmici diligentemente nello studio minuzioso e quotidiano. 
Ho sempre trovato lo studio scolastico, ed accademico in generale, piuttosto noioso. 
Probabilmente, il motivo di tutto ciò, sta nel fatto che sono un figlio illegittimo dello spirito barocco. 
Amo le parole, chiamiamole citazioni, i suoni, gli accostamenti acri e dolci, le sensazioni che producono. 
Amo prenderle, toglierle e privare del loro mondo e significato, del quale non mi importa più di molto, e ridagli vita. 
Una vita nuova, un nuovo mondo, una nuova funzione. 
La mia vita, il mio mondo, la mia funzione. 
Epilessia.... Una parola, che trovo dolce per l'appunto, una parola che nel mio mondo, tanto intricato ed eccentrico, associo alla parola SCONFITTA... Una sconfitta dolce, soave, che ricorda alla parte più irrazionale di me stesso di essere umano, di non essere invisibile, non del tutto almeno. 
Ricordo bene le parole di una donna, una professoressa per essere precisi, una professoressa di cui non riesco ad apprezzare nulla ad essere sinceri, che sostiene sempre che alla nostra età ci sentiamo tutti invincibili, come se il mondo non potesse mai crollar i addosso e schiacciarci sotto il peso delle sue macerie, brulicanti di sangue e dolore. 
Ho visto il mondo, il mio mondo, crollare e ridursi in cenere, avvolto dalle fiamme dei più disparati e sfortunati eventi che uno scrittore potrebbe mai partorire. Nonostante ciò, dietro ogni epilessia della mia vita, ho sempre visto una verità celata, portata fuori, scoperta dagli eventi stessi che l'anno costruita, mattone dopo mattone. 
Una verità riassumibile dentro una sola parola... INVINCIBILE
Del resto una persona per essere davvero invincibile, non deve essere indistruttibile o impossibile da scalfire. 
Credo, con ogni fibra del mio scheletrico corpo, che le persone sono davvero invincibili solo quando, fatti a pezzi e ridotti a brandelli, riescono a stare in piedi e camminare, camminare nei corridoi crollanti e decadenti della vita. 
Nulla di più. 
Ognuno a modo proprio. 
Ognuno invincibile a modo totalmente proprio. 
Chi a testa alta, con un sorriso dal retrogusto triste. 
Chi a testa bassa, conlo sguardo sofferente e una smorfia di dolore sul viso. 
Poi... Poi vi sono altri... Poi vi è lui. 
Che dopo quasi trent'anni di vita si è ritrovato il mondo in pezzi, nel tempo necessario per fare un respiro veloce. 
Lui che ama parlare in modo frivolo di ciò che lui chiama frivolo, facendo finta che tutte quelle cose macchiate di porpora non siano mai accadute,  che quel pulsante muscolo, posto nel centro del suo pallido petto, non fosse mai stato lacerato da profonde ferite, da eterne mancanze. 
Quando si parla di quelle purpuree epilessie, lui, inizia a parlare sereno, guardandomi con quei suoi bellissimi occhia azzurri, sereni. 
Più parla, più quelli cambiano e il leggero sentore di umidità, alla loro base, diventa un muro salato, impenetrabile, davanti alle sue cornee. 
Mi sussurra a mezza voce, come se gli mancasse il fiato, "per favore basta così..." 
I suoi occhi, smettono di fissare i miei e, automaticamente, come fosse un gesto incondizionato, gira il volta dalla parte opposta. 
Non mi permette, mai, di osservare i lineamenti del suo viso modificarsi ed incurvarsi in una smorfia di dolce dolore. 
Di dolce dolore. 
Non è altro che dolce dolore, quello che ti spezza il spiato, quello che, senza che glielo si chieda, trasforma la semplice mancanza affettiva in uno struggente senso di vuoto e desolazione in quel muscolo ormai non più pulsante, nascosto dentro alte mura di insicurezza e malfidenza. 
Qualche sera, mentre gira quella sua pallida pelle, vorrei prendere e abbatterle, mattone dopo mattone, riprendo gli all'infinito, preso dalla collera, che sono lì con lui, che non ho intenzione di trovare qualcun'altro. 
Vorrei poterlo scuotere forte, fin nel profondo, facendo vibrare ogni singola cellula che compone il suo corpo, quelle alte mura, la sua anima. 
Vorrei poterlo afferrare e stringerlo al petto, al mio petto, in una presa da togliergli veramente il respiro. 
Vorrei essere grande abbastanza da tenerlo stretto e farlo sentire protetto, tra le mie lunghe braccia. 
Eppure, nonostante ciò, io sono tutto qui. 
Una ragazzino piccolo, minuto, dai tratti efebici e dalla vita eclettica, che occasionalmente vede cose che non esistono, se non nella sua mente. 
A volte mi chiedo se, anche lui, nella sua fragilità e capacità di farmi sentire così bene e ben accetto, non sia altro che il misero riflesso di un'attacco epilettico. 
Una mistificatrice immagine, tanto bella, quanto inesistente. 



1 commento:

  1. Alcuni errori di battitura, ma scrivi molto bene.
    Complimenti.

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