sabato 6 maggio 2017

Pain

Qualche tempo fa sono rimasto affascinato, o meglio, ossesionato dalle parole di un mio coetaneo.
Ni disse, che la vita, quella vera, da adulto, è unqualcisa mi meschino, orrendo brutale. Qualcosa da cui è meglio scappare, come eterni Peter Pan.

Amo il nero.
Mai come primadi questo periodo, uncolore mi si è mai cucito addosso così bene.

Forse, qualcuno, penserebbe che il motivo della mia ossesione deriva dal fatto che, dopo il corso che ha preso la mia esistenza, la pensi allo stesso modo.

Nonostante quel senso di vuoto, quella sensazione di essere un giocattolo rotto, rattoppato e tenuto insieme da troppe cicatrici, sono del tutto convinto, tutt'ora che la vita sia qualcosa di meraviglioso.

È quell'oppprimente senso di vuoto a renderla meravigliosa.

Sentire è la ragione di tutto.

Ho passato il mio tempo su questa terra tra nille situazioni diverse, qualcuno a me caro, direbbe, facendo un bilancio, che ho passato la gran parte di esso tra tragedie, buci neri, incubi e drammi.

Ma questo è solo un punto di vista.

Negli ultimi tre anni ho concesso a me stesso un'eccezione a quella tanto agognata solitudine che mi ha sempre fatto star bene; che ho sempre ticercato con tutto me stesso, una vera e propria libertà dall'altro. Chiunque fosse.
Un'eccezione che, in un modo del tutto suo, anzi nostro, è stato in grado di illuminare, almeno un pochino, quella dolce oscurità che è il mio essere.
Ma come ogni cosa, bella e luminosa, mi ha regalato i più grandi doloro della mia breve vita. I dolori, le frustrazioni, le drlusioni, il male, la mutilazione.
Il giusto prezzo da pagare.

Il giusto modo di apprezzare ciò che di bello c'è e c'è stato.
Il giusto modo di sentirssi vivi.

Il giusto modo di sentire.

Il senso della vita, una domanda che l'uomo si pone da miglioni da anni, la cui risposta, i più fantasiosi, affidano a dio.
Forse, la risposta è proprio questa, semplice e palese, sentire.
Vivere per sentire.
Sentire le gioie e i dolori, perchè una cosa per esistere deve sempre essere equilibrata dal suo contrario.

Sentire il mondo che canta la meraviglio dinfobia della vita, per quanto mi riguarda, la nona di Beethoven.

Sentire le dolci dolorose note che suona l'esistenza di ogni essere ed assaporarle fino in fondo, in modo quasi ossessivo.
Farsi catturare dalla bellezza di quelle sensazioni e lasciarci catturare, perderci in esse, anche fino alla pazzia.
Del resto, non ci si sente mai così vivi cone quando si prova un dolore lamcinante che percuote tutto il nostro corpo.

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